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Gli affari di cuore di Covacich

Gli affari di cuore di Covacich

Lo sportivo scrittore costretto a fare i conti con sé stesso

ROMA, 19 febbraio 2019, 15:56

Paolo Petroni

ANSACheck

La cover di Di chi è questo cuore - RIPRODUZIONE RISERVATA

La cover di Di chi è questo cuore - RIPRODUZIONE RISERVATA
La cover di Di chi è questo cuore - RIPRODUZIONE RISERVATA

 MAURO COVACICH, 'DI CHI E' QUESTO CUORE' (LA NAVE DI TESEO, pp. 246 - 17,00 euro). Si mette in gioco più direttamente negli ultimi romanzi Mauro Covacich, pur avendo sempre lavorato su un certo autobiografismo di fondo nel mettere a fuoco un qualche problema di identità, nascosto dalla finzione narrativa. Ora, partendo da ''Prima di sparire'', poi ''A perdifiato'', sino al lavoro su Trieste in ''La città interiore'' (città storicamente in cui vive una ricerca d'identità), il tutto si è fatto dichiaratamente esplicito (''I personaggi di questo romanzo sono persone. Anche i nomi sono gli stessi a cui rispondono nella vita”''), ma certi processi per arrivare a un senso generale su chi siamo e dove siamo, per raccontarci qualcosa per parlarci d'altro, sono rimasti gli stessi, andando per accumulo e rincorrersi di storie e vicende anche minime, solo apparentemente secondarie, occasionali e quotidiane, essenzialmente slegate dalla violenza di questo mondo, cui si era interessato in opere precedenti.

L'avvio, il fatto scatenante è che allo sportivo e corridore io narrante Covacich viene trovata una piccola anomalia al cuore durante un controllo, con l'invito a stare a riposo, che lui non prenderà sul serio, come continuando a muoversi potesse eludere o curare il suo corpo, iscrivendosi in palestra e in piscina ''correggendo un vecchio certificato per attività non agonistica''. Ma l'idea di una sopraggiunta vulnerabilità, confermata anche dall'amico Alberto, resta sottotraccia e spinge a un confronto, un esame di se stesso senza elusioni. La verità è una virtù crudele, si è sinceri solo quando ti costa qualcosa, gli sottolinea un uomo, una misteriosa figura che comincerà a entrargli dentro casa in maniera invadente e provocatoria: un amico immaginario, il visitatore di tanta letteratura, un'alter ego, il subconscio, che lo invita a non tergiversare, a attenersi alla realtà, a raccontare una cosa, ora un'altra essendo crudele, parola che viene da Cruor che vuol dire sangue e rimanda quindi al cuore. Inizia una rivisitazione della propria vita, dalla sua infanzia quando compie atti di bullismo per sentirsi nel branco, ma di cui capisce la gravità quando si trova da solo faccia faccia con l'amico-vittima Umberto che gli chiede perché ora sia così gentile con lui, alla madre chiusa in se stessa che da anziana si apre e fa amicizie su Facebook; dai problemi con la burocrazia del comune di Padova per cui cita K e un Castello per alludere all'aggettivo kafkiano che ''non pronuncerò mai'', all'attrazione che subisce dalla morte di uno studente morto cadendo in gita da un balcone di un albergo, di cui si rifiuterà di scrivere per il giornale ma che inseguirà in più occasioni sempre con la forza e la presenza di quel cuore che è sentimento e minaccia, tanto che vedendone a una mostra uno di plastica messo in un tombino in un'installazione di Robert Gober si chiede: ''Di chi è questo cuore? E' mio o del ragazzo morto?''.

Poi naturalmente i suoi rapporti con gli amici e soprattutto con le donne, dando risalto a sensi di colpa e tenerezze con la compagna Susanna. E attorno la vita del quartiere dove abita, con la lotta ai topi e la presenza di certi barboni, a cominciare da quello che, per via di un naso particolare, chiama Arcimboldo, altra presenza costante del racconto sino alla chiusa, al dialogo con saluti e commossi auguri finali: ''L'idea che Arcimboldo mi abbia notato nel suo panorama, come io ho notato lui, mi lascia senza parole''.
    Potrebbe allora tornare a casa e farne un articolo per il giornale, ''oppure potrei farne qualcos'altro'' come questo libro, in cui si parla anche di libri, ovviamente di diari (c'è anche una breve bibliografia finale), pagine in cui ''ci sono solo le cose contenute in un essere umano'' come nella sagoma medusoide dell'ecografia del suo cuore, sapendo che ''a differenza degli animali, l'avventura terrestre non comporta per gli umani lo stato d'innocenza'' e che ''parlare da solo fa male''.
   

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