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Marco Franzoso, l'Innocente

Marco Franzoso, l'Innocente

L'infanzia violata e l'importanza delle parole

ROMA, 26 settembre 2018, 11:28

di Nicoletta Tamberlich

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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MARCO FRANZOSO - L'INNOCENTE (MONDADORI; euro 18; pagine 156) - Il male è tanto più violento quando è inconsapevole. Matteo, dodici anni, orfano di padre e appassionato di musica, sta viaggiando con la madre da un paese di campagna alla città vicina, dove sarà interrogato per un presunto abuso subito due anni prima. Un viaggio di formazione, un crescendo emotivo fino all'incontro fondamentale in quella che lui chiama la Stanza delle parole.

    'L'innocente' dello scrittore padovano Marco Franzoso che torna ad affrontare la delicata sfera dell'infanzia, è una storia portatrice di una delicatezza senza giudizi morali o peggio etici, che pone domande, più che azzardare risposte. Un romanzo che tocca uno tra i temi più dolorosi e attuali della contemporaneità, raccontato per la prima volta in prima persona dal punto di vista di un bambino. È un'estate immobile quella che sta vivendo Matteo insieme a sua madre. La sua vita è stata colpita da un lutto, il più doloroso da superare, la morte dell'amato papà. Il pianto della madre "da quando era morto suo padre bastava un piatto fuori posto o una pentola che non entrava in lavastoviglie per farla piangere", si contrappone al silenzio del figlio, in un ritmo familiare che mette a disagio il lettore, già in agguato per fatti solo accennati dei quali non si conoscono contorni, si prova dolore per il figlio e pietà per questa madre forse troppo fragile inadeguata per affrontare fatti di tale portata ("Matteo non devi avere paura. Oddio di cosa sto parlando. Però noi due dobbiamo restare uniti... se ci fosse tuo padre").

    Matteo ha una sorellina piccola e due nonni materni che non fanno altro che aumentare il senso di inadeguatezza della donna colpevolizzandola per aver sposato un uomo che non stava mai a casa ritenendolo irresponsabile (guidava il camion di notte ed è morto per un colpo di sonno). Il giovane Matteo, non a caso si rifugia nei bei ricordi condivisi con il papà, capace di spiegargli la vita in tre semplici ma fondamentali mosse: misurare, scavare e poi dimenticare.

    Matteo è sempre solo, e pare tornare alla vita soltanto quando la madre lo iscrive al campo organizzato nella canonica del paese da don Andrea, un giovane sacerdote benvoluto da tutti e con la passione per la musica, al punto da aver messo su una band della quale ben presto anche Matteo farà parte.
    Scopre così una nuova passione per la musica, che Matteo coltiva con partecipazione nelle ore trascorse da solo nella sua stanza a ripetere i passaggi sulla tastiera che gli è stata regalata da don Andrea.
    Scritta in una lingua priva di morbosità, che non accusa e non assolve, in ascolto del vivido mondo interiore di Matteo.
    Che cosa succede quando il male ci viene inferto da chi dovrebbe difenderci? Chi è colpevole: colui che produce il male coscientemente oppure chi, in buona fede, crea danni e dolore anche maggiori? Giudice e psicologa svolgono il loro necessario compito, ma proprio questo forse è alla radice del male che infliggeranno al "minore", come lo chiamano. Minore, appunto.
    Quasi fosse un dettaglio marginale di una storia tra adulti, in cui lui non è che una voce.

    Il viaggio di ritorno sarà breve, e segnerà per Matteo il vero spartiacque tra il mondo dell'infanzia e il suo trovarsi troppo presto "grande". Con questo strappo il ragazzo troverà dentro di sé la capacità di reagire e di riconoscere finalmente l'ambivalenza delle parole, come della vita. Un viaggio che accompagna il lettore dietro al velo fumoso delle parole, con lo stesso stupore con cui l'infanzia scopre il volto della realtà adulta dietro le apparenze. Franzoso con sobrietà costruisce con grande intelligenza e fuori da ogni schema un romanzo anche sul dubbio.
    Franzoso da sempre racconta storie legate all'infanzia. Da Il bambino indaco (Einaudi, 2012) Saverio Costanzo ha realizzato il film Hungry Hearts, interpretato da Alba Rohrwacher e Adam Driver (entrambi premiati con la coppa Volpi al festival di Venezia del 2014).
   

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