MUHAMMAD ALI, L'IMMORTALE, a cura di The Ali Estate (Rizzoli, pp.256, 24.90 Euro) Un desiderio, un sogno, una visione, ma soprattutto la volontà: è questo che fa un vero campione. Ne era convinto Muhammad Ali, all'anagrafe Cassius Clay, il grandissimo pugile e atleta scomparso il 3 giugno 2016, che in queste parole riuscì a racchiudere tutto il suo mito, destinato a passare di generazione in generazione come simbolo di coraggio e determinazione, nonché di generosità e attenzione verso i più deboli. A pochi giorni dal primo anniversario della scomparsa, esce il 25 maggio il libro che lo celebra, Muhammad Ali.
L'immortale (Rizzoli), progettato dallo stesso pugile e completato con il supporto della moglie Lonnie e della sua famiglia. Si definiva da solo "il più grande", e ben presto, guardandolo in ogni match e nelle scelte che orientarono la sua esistenza, tutti se ne accorsero, tanto da renderlo una vera leggenda per grandi e piccoli, acclamato in ogni continente. A ricordare il suo carisma oggi ci pensa il libro che, proprio come un perfetto tributo, mostra Muhammad Ali nel suo essere campione nello sport e nella vita: dalle pagine, affollate di immagini (oltre 200, alcune molto rare e altre inedite, selezionate dagli archivi di famiglia) e di frasi leggendarie da lui pronunciate, emerge un ritratto completo, che ha il valore di un testamento spirituale. "Servire gli altri è l'affitto che paghi per la tua camera qui sulla Terra", si legge tra le frasi riportate nel volume, ma la summa del suo pensiero è rappresentata dal discorso, trascritto per intero, fatto alla TV inglese nel 1977 - "Get ready to meet God" - poco prima di ritirarsi. Parole che ancora si rinnovano e ritrovano il proprio senso in quelle che sua moglie Lonnie ha declamato, come un ultimo atto d'amore e di gratitudine, di fronte alle 15 mila persone giunte a rendere omaggio a suo marito nel giorno del funerale, il 10 giugno 2016, nell'arena di Louisville (Kentucky), loro città natale. Era un combattente Muhammad Ali, in ogni cosa che faceva, e non solo quando era sul ring, sempre capace sempre di rialzarsi e di accettare le conseguenze delle sue azioni. E lo ha dimostrato innumerevoli volte, quando si schierò dalla parte di Martin Luther King e Nelson Mandela, quando non partì per la guerra del Vietnam, quando rifiutò il suo nome da "schiavo" (Cassius Clay) in favore di Muhammad Ali ('amato da Dio') dopo la conversione all'Islam, religione "di pace, non di violenza".
E infine nella lotta coraggiosa contro la malattia, quando dimostrò di non aver paura di quel Morbo di Parkinson che lo fiaccò nel corpo ma mai nello spirito.
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