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Due donne raccontano il Rinascimento

Due donne raccontano il Rinascimento

ricostruzione storica con Isabella d'Este e Lucrezia Borgia

ROMA, 31 marzo 2017, 09:37

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(di Paolo Petroni) ALESSANDRA NECCI, ''ISABELLA E LUCREZIA, LE DUE COGNATE'' (MARSILIO, pp. 672 - 19,50 euro).
    Due donne, per certi versi molto diverse, una più razionale e colta, padrona di tessiture e giochi di potere, l'altra forse più bella, religiosa e apparentemente più introversa e riflessiva, eppure così vicine, affascinanti e legate da un destino che le ha rese parenti e ambedue costrette a reggere la propria città in assenza dei mariti: Isabelle d'Este marchesa di Mantova e la sposa di suo fratello Alfonso, Lucrezia Borgia duchessa di Ferrara, due figure emblematiche dell'Italia del Rinascimento che i giochi e le forzature della storia così come si modifica e traveste nel tempo hanno tramandato in maniera tanto diversa, una chiara e intellettuale, presente a se stessa, l'altra figlia di un papa, donna passionale e anticonformista, tutta vista secondo quei chiaroscuri che avvolgono un la vicenda della sua famiglia.
    Una bella sfida narrarle, ricostruirne le vicende al di là delle stratificazioni colorite e leggendarie, rivelarle nel loro privato, seguirne il ruolo e le attività pubbliche, mostrarle nella loro intimità e femminilità, per riportarle alla loro verità e almeno verisimiglianza storica, nel quadro della vita quotidiana del loro tempo, vita di corte, come parte della vita di due città signorie e di un paese, l'Italia, frammentato e in lotta in un'epoca di personaggi geniali che non riescono o sanno imporre un disegno e una visione positiva e tantomeno comune, e altri egoisti e crudeli, disposti a tutto per arricchirsi alle spalle dei sudditi e pronti a chiamare in aiuto lo straniero per sconfiggere il proprio vicino. Un paese insomma che non sa trovare la propria identità di nazione e che si rivela ingovernabile per l'assenza di un vero progetto politico, preda di appetiti esterni politici e economici, in cui non possiamo non vedere semi e radici dell'Italia futura, che arriva sino ai nostri giorni di gravissima crisi politica e finanziaria.
    Alessandra Necci, giurista e studiosa di storia, come testimoniano le sue molte e fortunate pubblicazioni, in bilico tra ricostruzione documentaria e creatività narrativa, con questo periodo e queste due figure si cimenta scrivendo seicento e passa pagine che divengono un affresco colorato e vivo degli anni tra Quattro e Cinquecento che hanno ne ''Il Cortegiano'' di Baldassar Castiglione e ''Il Principe'' di Niccolò Machiavelli le due opere emblematiche, a cavallo tra cultura e politica. Il libro si apre con due autoritratti, due confessioni di Isabella e poi di Lucrezia, che servono di introduzione coinvolgente alle due figure guida e al racconto e interpretazione minuziosa dei complicati intrecci famigliari e politici dell'epoca grande e tragica che pure è, per molti aspetti, un momento fulgido per la nostra storia culturale. Così la lettura è interessante e chiara, costruita con citazioni e ricostruzioni, come dimostra la lunga bibliografia che chiude il volume con l'indice dei nomi, dando il senso vero di lavoro storico a questo che potrebbe anche sembrare, in alcuni momenti, un romanzo articolato e ricco, da contrapporre però alle ricostruzioni cupamente romanzate che, specie a Lucrezia, dedicò la letteratura, a cominciare da Victor Hugo. Una storia letta per alcuni versi al femminile, quindi affrontata da un punto di vista diverso e rivelatorio rispetto alla solita ottica, tra privato e pubblico, cominciando dagli occhi della illuminata (sa che è il popolo il vero supporto della Signoria) e mecenate delle arti Isabella che, come scrive la Necci a proposito del suo primo incontro con Lucrezia, ''probabilmente ha capito di trovarsi davanti a un'avversaria da non sottovalutare, ma non immagina che le darà dei punti, quanto a seduzione e capacità di incantare il prossimo'', a cominciare da suo marito Francesco Gonzaga.
   

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