PAUL BEATTY, ''LO SCHIAVISTA'' (FAZI, pp. 370 - 18,50 euro - traduzione di Silvia Castoldi).
Sulla situazione reale della società multietnica america e in particolare sulla condizione dei neri, così come la cartina di tornasole dell'elezione di Trump alla presidenza ha reso evidente, la dice lunga il bisogno di ritorno alle origini, all'epoca dello schiavismo, il recuperare situazioni anche estreme in cui riscoprire se stessi e far rinascere la coscienza e il bisogno di libertà e eguaglianza che ci racconta questo romanzo provocatorio e sarcastico di Paul Beatty, nero americano come il suo protagonista detto Bonbon. Come a cominciare dal 500 e sino alla seconda guerra mondiale i ghetti crearono la forza della identità ebraica, così segregazione e persecuzioni hanno sempre spinto a fortificare un'identità e darle una spinta forte nel bisogno di diritti.
Bisogna ricordarsi questo per capire tutta la forza eversiva della visione del mondo di Bonbon, io narrante, che prova a ripristinare lo schiavismo e a creare una scuola segregazionista nel borgo di Dickens, vecchio ghetto nero dove è nato e vive in una piccola fattoria ormai circondata dalle case alla periferia di Los Angeles, finendo, come scopriamo dall'inizio, senza ancora conoscerne le cause, incriminato davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti.
E che si tratti di un problema di identità e di orgoglio da ritrovare in un mondo che cerca di omologarti superficialmente, di sfruttarti commercialmente ma non ti accetta mai sino in fondo, è chiaro sin dal momento in cui Dickens comincia a trasformarsi, a vedersi invasa da ispanici latinoamericani, a essere inglobata dall'espansione della città, tanto che pian piano sparisce il suo nome e scompaiono anche i cartelli stradali che la indicavano, come a cancellare così anche la sua storia e la sua malfamata fama. Bobon infatti da lì ricomincia, ripristinando i cartelli e le indicazioni fin sull'autostrada, ridisegnando a terra i confini dell'amata Dickens. Certo tutto comincia col vecchio e povero ex attore Hominy (nome direi esemplare) che si fa volontario schiavo di Bonbon, e, andando ancora più indietro, con la sua infanzia con un padre sociologo che lo sottoponeva a esperimenti di adattamento anche durissimi pensando di risolvere i problemi della famiglia, un intellettuale che cercava di mediare tra neri e bianchi quando c'erano dei problemi, sino a quando, come sappiamo dalla cronaca sui neri Usa, non viene ucciso dalla polizia e il nostro protagonista si ritrova solo con un funerale che non è in grado di pagare. E poi c'è tanto altro, dal rapporto con la fidanzata Marpessa a quello con i tanti altri personaggi della borghesia nera e passiva di Dickens Un libro che ha vinto il National Book Critics Circle Awatrd nel 2016, comico e divertente certo, ma direi più sarcastico e paradossale un po' alla Swift ma con un taglio moderno e un linguaggio creativo, ricco e esuberante, con un bel ritmo narrativo e tante invenzioni intelligenti sino alla solita happy end finale, che non è sdolcinatura, ma ultimo sberleffo a una certa way of life.
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