JOYELLO TRIOLO, INTRUSI A SANREMO (Crac Edizioni, pp.270, 18 Euro). Gli apripista furono i rocker Adriano Celentano e Little Tony interpretando '24.000 baci' nel 1961, poi uno dopo l'altro sono arrivati i New Trolls e i Nomadi, gli Homo Sapiens e i Matia Bazar negli anni '70, Vasco Rossi, Zucchero e Jovanotti negli anni '80, i Timoria, i Subsonica, gli Statuto e gli Afterhours nel decennio successivo, e poi dal 2000 Avion Travel, Piotta, Frankie Hi-NRG e Rocco Hunt: in futuro chissà quanti ne vedremo ancora di cantanti e musicisti capaci di portare l'innovazione al Festival di Sanremo, entrati a buon diritto nel piccolo grande esercito di artisti che, pur restando fedelmente 'diversi', hanno trovato il modo di inserirsi nella kermesse canora più tradizionale e rassicurante del nostro Paese scompigliandola un po'. Di loro racconta con passione e grande cura nei dettagli Joyello Triolo, autore del libro Intrusi a Sanremo (Crac Edizioni), nel quale si delinea un'altra storia del Festival, meno canonica, più coraggiosa e trasgressiva. Con prefazione di Giordano Sangiorgi, Direttore artistico del Mei - Meeting delle Etichette Indipendenti, il volume divide la storia della manifestazione in decenni, prendendo in rassegna ogni artista che, a giudizio dell'autore, ha portato sul palcoscenico qualcosa di diverso, contribuendo con il proprio lavoro all'evoluzione della nostra musica leggera. Triolo si spende in dettagli e informazioni approfondite, regalando al lettore una piccola enciclopedia dell'innovazione sanremese: di anno in anno, le pagine svelano uno a uno i performer più significativi delle varie edizioni del Festival, descrivendone le canzoni e gli stili, e in che modo la loro presenza anticonvenzionale abbia lasciato una traccia non solo a Sanremo ma in tutto il panorama della discografia italiana. E mentre si passa dal rock al progressive, dal punk al rap, nello sfondo di questa 'rivoluzione' emergono aneddoti e retroscena della kermesse, pettegolezzi e drammi, suggestioni ed eredità musicali. Questi 'intrusi', che hanno partecipato al Festival per concedersi una chance, per allargare il proprio pubblico o per ottenere una promozione in grande stile, in fondo hanno dimostrato che ci può essere un dialogo (e che può essere molto proficuo) anche tra realtà distanti come la musica del pop melodico sanremese e quella della scena 'alternativa'. L'autore, che nella sua disamina arriva fino al 2016, sceglie di terminare il libro con delle conclusioni a carattere 'interrogativo', perché la storia del Festival è un flusso inarrestabile, che ancora si sta scrivendo sotto i nostri occhi, ma non rinuncia a esprimere un po' di delusione sull'edizione 2017, probabilmente troppo 'rassicurante'. Per fortuna la speranza è l'ultima a morire: e chissà magari anche in questa annata targata Conti-De Filippi si potrà trovare, scrive Triolo, "qualche canzone che sopravvivrà nelle prossime stagioni", o basterà armarsi di pazienza e attendere un prossimo futuro quando di certo arriverà qualcuno "in grado di farci alzare di nuovo le antenne".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA