LEV GOLINKIN, UNO ZAINO, UN ORSO E OTTO CASSE DI VODKA (BALDINI & CASTOLDI, PP 325, EURO 18,00). E' la storia del protagonista della vicenda raccontata, così come lo è di una generazione figlia della dissoluzione dell'Unione Sovietica e in cerca di indipendenza prima e di una vita nuova in altre parti del mondo, poi, quella raccontata in modo fedele ma anche ironico, a volte proprio comico, e anche appassionante da Lev Golinkin. Un racconto durante il quale i viaggi che si intrecciano nella narrazione sono due, da una parte quello di una famiglia di rifugiati ebrei in fuga dalle persecuzioni e dall'altra quella di un giovane uomo alle prese con la difficile ricostruzione del proprio passato. In mezzo, la storia di Lev, appena nove anni, nel contesto degli ultimi dieci anni di vita dell'URSS, confusi e con una lunga serie di punti di riferimento storici e sociali destinati a cadere uno dopo, portando con se nella caduta confini reali e psicologici, ma anche lasciando spaesati i tanti che i quella situazione si trovarono nella condizione di decidere sul da farsi: restare (in Ucraina, nello specifico a Char'kov, poco meno di cinquecento chilometri da Chernobyl) per ritagliarsi un proprio posto in qualche modo ordinato nel disordine più totale che si andava definendo, oppure attraversare dei confini per raggiungere qualche paese vicino e dal quale erano arrivati non meglio precisate promesse di assistenza (nel caso della famiglia di Golinkin a Vienna), e poi ancora attraversare l'Oceano verso gli Stati Uniti, dove l'autore vive da adulto e da dove decide di ripartire alla scoperta del suo passato. Ad aprire le pagine del romanzo, poi, non a caso ci sono le parole di un brano, 'Won't get fooled again', degli Who: "We'll be fighting in the streets, with our children at our feet, and the morals that they worship will be gone…". "Trovare le valigie fu un incubo. Ne potevamo portare due a testa, quindi per un totale di dieci…un nostro vicino, un burbero meccanico che puzzava sempre di vodka mi gelava con lo sguardo tutte le volte che osavo avventurarmi in cortile, possedeva un vero talento per scovare oggetti al mercato nero". E' lui che trova le valigie alla famiglia di Lev e che inaugura a modo suo il viaggio, consegnando anche un coltellino con la stella sovietica: "Usatelo sui funzionari della dogana, se esagerano". Da lì il viaggio, gli 'incidenti' alle frontiere, la confusione totale di un regime in decadenza e nel quale ogni funzionario si sentiva spiato da qualcun'altro, che a sua volta si sentiva spiato e che spiava lui stesso, per non soccombere al gioco del 'chi spia meglio e in modo più furbo, alla fine, si salverà'. (ANSA)
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