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Comunicare le istituzioni, una sfida

Comunicare le istituzioni, una sfida

Laura Trovellesi Cesana racconta l'esperienza al Senato

ROMA, 25 gennaio 2017, 09:57

di Angela Majoli

ANSACheck

La copertina de 'La Fabbrica della Democrazia ' di Laura Trovellesi Cesana - RIPRODUZIONE RISERVATA

La copertina de  'La Fabbrica della Democrazia ' di Laura Trovellesi Cesana - RIPRODUZIONE RISERVATA
La copertina de 'La Fabbrica della Democrazia ' di Laura Trovellesi Cesana - RIPRODUZIONE RISERVATA

LAURA TROVELLESI CESANA, 'LA FABBRICA DELLA DEMOCRAZIA' (GUERINI E ASSOCIATI, PP. 189, 18,50 EURO). Una sfida quotidiana e in continuo divenire, specie nell'era del web e dei social, in cui salta la mediazione giornalistica e le istituzioni rischiano di essere svuotate dalla deriva verso la democrazia 'diretta': è l'impegno a comunicare l'istituzione, a restituire al pubblico le attività del Parlamento rendendo comprensibili processi decisionali complessi, nel segno della trasparenza, della completezza e della tempestività. Una grande responsabilità con la quale si è confrontata Laura Trovellesi Cesana, a lungo cronista parlamentare per Asca, Agi e ilNuovo.it prima di diventare vicedirettore dell'Ufficio stampa e Internet del Senato, dal 2006 al 2015.


L'analisi dell'autrice prende le mosse dalle origini della comunicazione istituzionale nel nostro Paese: è un illuminato e lungimirante Alcide De Gasperi a richiamare nel 1951, nella presentazione al mensile 'Documenti di vita italiana', il "dovere" dello Stato di "informare i suoi cittadini sugli orientamenti della sua attività e sui dati delle sue realizzazioni" e di "informare i contribuenti sul modo come vengono impiegate le entrate di bilancio". Ci vorranno, però, oltre 40 anni perché vengano codificati i principi di accesso, trasparenza e responsabilità dei processi decisionali. Con il tempo, e con lo sviluppo della 'società dell'informazione', il problema diventerà trovare un equilibrio tra la pressante domanda sociale di accesso alle informazioni e la ugualmente pressante richiesta delle istituzioni stesse e delle classe dirigenti pro tempore di essere 'visibili' per affermarsi e legittimarsi.

 Essenziale - sottolinea Trovellesi Cesana - è allora la 'mediazione' del giornalista, "l'intervento di un professionista dell'informazione in grado di offrire, all'interno del principio di responsabilità istituzionale, un'informazione attendibile, aggiornata e non gravata da superfetazioni fuorvianti o da notizie inessenziali. Un professionista in grado di restituire, dunque, il senso compiuto di ciò che nell'istituzione si svolge, oltre la dimensione della mera pubblicità degli atti". Tanto più dinanzi alle opportunità - e ai rischi - dello scambio di informazioni con un numero altissimo di persone reso possibile dai social network.

Passando in rassegna principi costituzionali, assetti regolamentari, norme e prassi, l'autrice arriva poi al cuore del racconto: come funziona l'attività del giornalista dell'ufficio stampa di un'istituzione, su quali elementi si fonda la sua credibilità, l'uso di Twitter, le responsabilità specifiche del 'portavoce' politico. Per concentrarsi poi sugli ultimi dieci anni del Senato, sospeso tra il 'non più' e il 'non ancora', tra la potenziale chiusura del ciclo del bicameralismo simmetrico e il 'presagio' di un mutamento radicale alle porte. Anni in cui Palazzo Madama si è misurato con nuove esigenze di mediatizzazione, tra le consultazioni di Marini e Monti presidenti incaricati e l'impeachment di Berlusconi o la riforma costituzionale voluta dal governo Renzi. Ma anche con l'antipolitica, un antico sentimento che ha attraversato la storia dell'Italia unita e che è tornata in auge negli ultimi anni.

Ancora una volta è il buon giornalismo a poter fare la differenza, a suggerire una soluzione. Perché non c'è alternativa, come spiega bene Stefano Folli nella prefazione al libro: "Le istituzioni difenderanno se stesse solo se sapranno appoggiarsi con coraggio e lungimiranza al filtro attivo del giornalismo. E quest'ultimo avrà un futuro se non rinuncerà a interpretare la realtà, mantenendo vivo il contatto fra i capisaldi della democrazia rappresentativa e il sentimento pubblico nelle sue complesse articolazioni. Senza paura di esercitare una forma sottile di pedagogia civile".
   

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