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Shafak, mia Turchia che scivola indietro

Shafak, mia Turchia che scivola indietro

Scrittrice turca apre 'Bookcity' con 'Tre figlie di Eva'

ROMA, 17 novembre 2016, 13:27

di Mauretta Capuano

ANSACheck

La copertina di Tre figlie di Eva di Elif Shafak - RIPRODUZIONE RISERVATA

La copertina di Tre figlie di Eva di Elif Shafak - RIPRODUZIONE RISERVATA
La copertina di Tre figlie di Eva di Elif Shafak - RIPRODUZIONE RISERVATA

ELIF SHAFAK, TRE FIGLIE DI EVA (RIZZOLI, PP 447, EURO 20). La Turchia sta "scivolando indietro velocemente. Stiamo perdendo la democrazia". Elif Shafak, una delle voci più importanti della narrativa turca, lo dice all'ANSA nel giorno d'apertura di Bookcity, la fiera dedicata al libro e alla lettura che la scrittrice inaugura il 17 novembre a Milano con il suo libro 'Tre figlie di Eva' (Rizzoli) in un incontro al Teatro dal Verme con Rula Jebreal.
    "E' difficile essere uno scrittore in Turchia. Si riceve tanto amore dalla gente, dai lettori. Tutto questo è commovente ma nello stesso tempo arrivano anche tanti messaggi di odio, calunnie, attacchi. Se sei una donna è più complicato ancora perchè c'è molto sessismo. Ma dobbiamo continuare a immaginare storie, alzando la nostra voce. Gli scrittori respirano attraverso le loro parole, per questo dobbiamo continuare a scrivere" spiega la Shafak che vive a Londra, è femminista e si è imposta all'attenzione internazionale con 'La bastarda di Istanbul'.

Tre donne, tre amiche molto diverse fra loro ma con lo stesso retroterra musulmano: la Peccatrice, la Credente e la Dubbiosa, vengono raccontate nel nuovo romanzo 'Tre figlie di Eva' - arrivato nelle librerie italiane nella traduzione di Daniele A. Gewurz e Isabella Zani - che parla della condizione della donna, di religione e politica, di sogni infranti e amore e dà voce ai contrasti di una Turchia dalle "potenzialità inespresse". "Mi interessa - spiega la Shafak - la danza tra fede e dubbio. Non sono una persona religiosa a tutti gli effetti. Veramente non mi piacciono le religioni organizzate nè l'identità collettiva, ma sono spirituale a modo mio. Apprezzo sia la fede sia il dubbio. Le persone come me, gli agnostici, i mistici eterodossi e gli umanisti, sono una minoranza in Turchia. Ma noi esistiamo e siamo in grado di sfidare questa dualità tra l'ateismo e la religiosità assoluta".

La bellissima iraniana atea Shirin, l'americana osservante di origine egiziane Mona e Peri, incapace di prendere posizione tra la laicità del padre e la devota religiosità islamica della madre sono le tre voci di una storia che parte da una vecchia polaroid. Caduta dalla borsa di Peri durante una rapina, la fotografia ritrae le tre amiche con l'anticonformista professore di filosofia Azur che predica "la terza via". Di lui si era innamorata Peri quando era studentessa a Oxford. "La spiritualità può essere onnicomprensiva e individuale allo stesso tempo. Ma in Turchia questo tipo di spiritualità non esiste. Perché la Turchia è una società di identità collettive e in cui si scontrano queste identità collettive. Non mi sento vicina a tutto questo e voglio ampliare le libertà individuali" sottolinea la scrittrice turca. E aggiunge: "sono una femminista e sostengo sia i diritti delle donne sia i diritti LGBT (Lesbiche, Gay, bisessuali e transgender). Rispetto a questo la Turchia sta scivolando indietro. C'è un aumento della violenza domestica. Abbiamo bisogno di parlare di argomenti difficili come i delitti d'onore, l'incesto, la violenza di genere, lo stupro, l'omofobia. I diritti delle donne non possono essere rinviati". 

Triste e preoccupata per la situazione del suo Paese, la Shafak dice che "le uniche persone che beneficeranno di una Turchia scollegata dall'Europa sono gli ultranazionalisti e gli islamisti. Hanno continuato a ripetere al popolo, 'guarda, l'Europa non è con noi', così andiamo a fianco della Russia, del Pakistan o dell'Arabia Saudita". E questo, continua "trovo sia molto pericoloso. Vorrei che la Turchia condividesse i fondamentali valori europei e migliorasse la sua democrazia danneggiata".

"Nella mia patria - incalza la scrittrice - c'è molta tensione, nessuna armonia. Siamo stati un paese malamente diviso, amaramente politicizzato per troppo tempo ma oggi è peggio. Ci sono più di 130 giornalisti in prigione. Gli scrittori, accademici, intellettuali sono stati stigmatizzati, bersagliati, citati in giudizio e imprigionati. Tutto questo mi rende molto triste, depressa. Tutti i giornalisti e gli intellettuali e i leader del partito curdo devono essere rilasciati immediatamente. La democrazia ha bisogno di pluralismo e diversità".

   

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