EMILIO CASALINI, RIFONDATA SULLA BELLEZZA (Spino Editore, pp.208, 12 Euro). "Bisognerebbe ricordare alla gente cos'è la bellezza, aiutarla a riconoscerla, a difenderla". Inizia così, prendendo in prestito le parole di Peppino Impastato nel film I cento passi di Marco Tullio Giordana, il libro del giornalista di Report Emilio Casalini, Rifondata sulla bellezza (Spino Editore), un viaggio che svela i talenti e le occasioni perse del nostro Paese, ancora incapace di amare, comprendere e sfruttare le proprie potenzialità. A partire proprio dalla bellezza 'dimenticata' e vituperata, che per l'Italia è sinonimo sì di un patrimonio culturale, artistico e paesaggistico unico al mondo, ma non dello sviluppo economico e della ricchezza che da quel patrimonio potrebbero discendere.
A colpi di incuria e mancanza di visione, è come se stessimo facendo andare in malora quello che è, oggi come ieri, il nostro 'marchio di fabbrica': l'autore offre a chi legge un percorso di denuncia e storytelling, riprendendo il discorso lasciato incompiuto nell'ebook (Fondata sulla bellezza, Sperling e Kupfer) che qualche anno fa ha preceduto questo libro. "Quell'inchiesta è stata lo stimolo per capire il problema: qui invece provo a proporre qualche soluzione", dice intervistato dall'ANSA. La parola chiave per Casalini è 'narrazione': "se un territorio non lo racconti, come fa la gente a scoprirlo? Le nostre potenzialità sono per il 90% inespresse", spiega, specificando di non riferirsi alla narrazione come semplice offerta turistica. Tutt'altro, perché "raccontare un territorio significa avere coscienza di sé. Non possiamo pretendere che siano gli altri ad apprezzarci, se per primi non lo facciamo noi. Invece continuiamo a buttare le sigarette per terra. Potrebbe essere tutto logico: proteggere la nostra terra, narrarla, fare un turismo di alta qualità e ottenere come conseguenza il riconoscimento economico". "Il turismo è la chiave per risollevarci, ma il problema è non saper narrare la cultura", prosegue il giornalista, "il ministro Franceschini ha intrapreso la strada giusta, ma i passi sono ancora troppo timidi. Serve una scelta coraggiosa, di tutto il governo. Oggi ancora i soldi vanno a un'industria fallimentare, e troppo pochi alla cultura". Una narrazione identitaria riuscirebbe anche a combattere la disorganizzazione, i servizi mancanti e la poca professionalità che spesso caratterizza il nostro turismo? "Credo nella sharing economy: secondo me i territori si organizzeranno autonomamente per migliorare la propria offerta e raccontarsi nel modo giusto". Nel libro l'autore parla di una "scossa per uscire dal torpore", per "ricostruire innanzitutto noi stessi, come popolo", proponendo di partire da uno dei nostri simboli, la Costituzione, in questi giorni sotto i riflettori per il referendum. "Ma non cambierei l'articolo 1", dice, riferendosi alla proposta avanzata dalla deputata di Sel Serena Pellegrino, "penso più a un preambolo con i grandi valori universali, come giustizia, libertà, tolleranza e anche bellezza". E aggiunge: "So che si tratta di una parola abusata, ma se la bellezza da concetto si trasforma in valore universale allora poi può diventare sviluppo. Così aumenta la democrazia, perché se portiamo il lavoro dove non c'è, con la valorizzazione di un territorio, allora daremo anche libertà alle persone".
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