CHAIMAA FATIHI, NON CI AVRETE MAI.
LETTERA APERTA DI UNA MUSULMANA ITALIANA AI TERRORISTI (Rizzoli, pp. 182, 15 Euro). Si apre con la dedica alle vite spezzate di Valeria Solesin e Giulio Regeni, e a tutti quei popoli "che ricercano libertà, pace e giustizia" il libro Non ci avrete mai (Rizzoli), scritto da Chaimaa Fatihi, studentessa di legge di 23 anni, nata in Marocco e cresciuta in provincia di Mantova.
Spiegare quanto l'avere "un'identità plurale" la faccia sentire più ricca proprio in virtù del suo essere metà marocchina e metà italiana è uno degli obiettivi del libro, nato in seguito alla lettera finita sui giornali che Chaimaa ha scritto a caldo ai terroristi dell'Isis, dopo la strage del Bataclan. Ma la sfida più grande l'autrice la lancia proprio agli assassini che seminano morte in nome di quell'Islam che è religione "fondata sulla gentilezza, sulla libertà, sull'educazione e sulla giustizia, sui valori del rispetto e della cura": è a loro che dice di stare attenti, perché, scrive, "vi faremo vedere quanto è potente, unita, grandiosa la cittadinanza europea, uomini e donne liberi". Fiera di essere musulmana e della scelta (presa in piena libertà, ci tiene a sottolineare) di indossare il suo 'hijàb' (il velo che copre i capelli e lascia scoperto il volto), Chaimaa delegittima i terroristi che uccidono urlando "Allah è grande", e dice loro che lei non ha paura di combatterli con la parola e con l'informazione. Ma con altrettanta forza afferma che la richiesta fatta dagli Occidentali al popolo musulmano dopo ogni attentato di scendere in piazza e dimostrare chiaramente il proprio sdegno "è assurda e priva di ogni senso", perché non c'è "nessuno che chieda agli italiani di condannare i delitti di mafia". Da queste premesse, l'autrice inizia il suo racconto, con la passione e l'ingenuità di chi ha 20 anni e sente chiara la voglia di costruirsi il proprio avvenire. La sua storia inizia con l'arrivo in Italia all'età di 6 anni, dove ad attenderla c'è il suo papà. Poi il racconto prosegue passando dalle prime difficoltà per integrarsi a scuola all'amore per la religione, dal sostegno dei genitori alla decisione di impegnarsi per i musulmani-italiani come lei, entrando a far parte dell'Associazione Giovani Musulmani d'Italia di cui oggi è delegata nazionale. Mescolando il tè alla menta, che le ricorda da dove viene, agli studi del diritto italiano, perché è l'Italia il Paese dove vive e vuole lavorare, Chaimaa lascia sullo sfondo i due estremi negativi del suo racconto (il terrorismo da una parte, e dall'altra i pregiudizi razzisti di chi crede che ogni musulmano sia un fondamentalista) e si concentra da ciò che è più importante: credere fermamente nella speranza di una convivenza di pace, che veda rispettata ogni diversità culturale e religiosa, combattendo paura, indifferenza e rassegnazione. Secondo l'autrice costruire un percorso di integrazione non sarà facile ma è possibile, a patto però che i giovani come lei ne siano i protagonisti.
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