LUCA SERIANNI, PAROLA (IL MULINO, PP.
169, 13 EURO). A lei devono tutto Dante e Leopardi, che al suo altare hanno offerto il proprio ingegno guadagnando la gloria imperitura. Ma in realtà non è necessario scomodare nomi così illustri, perché non c'è persona al mondo che di lei possa fare a meno, anche semplicemente pensando. La parola è infatti sovrana, amica, alleata di tutti noi, in ogni Paese e in ogni latitudine, è uno strumento in grado di ferire quando è tagliente o anche qualcosa che arriviamo a odiare, quando non ci viene in mente. Basti pensare alla grande eco avuta da "petaloso", la parola inventata dal piccolo Matteo, e ai tanti illustrissimi nomi che si sono fermati a commentarla. Insomma, che la si usi troppo o magari troppo poco, il raggio d'azione della parola è qualcosa di infinito, aleatorio e pragmatico al tempo stesso, ma comunque imprescindibile. Proprio di questo si occupa il linguista e filologo Luca Serianni nel suo breve ma densissimo saggio intitolato per l'appunto "Parola", edito dal Mulino, che offre una approfondita disamina di questo vocabolo e del suo vasto "territorio". Poco più di 150 pagine e 8 capitoli per dare al lettore la possibilità di addentrarsi in un insieme di storie e significati, consuetudini e connotazioni diverse, in un percorso scientifico-culturale che rivela sorprese e fascinazioni. Si parte dall'etimologia, ovviamente, come "punto fermo". I riferimenti storici presentati dall'autore sono tanti, così come quelli letterari e religiosi (non dimentichiamoci il ruolo svolto dal Cristianesimo e dal Vangelo nell'introduzione di determinati significati), fino ad arrivare alla spiegazione di frasi celebri che contengono il termine "parola" o "parole".
Dalle riflessioni strettamente linguistiche (come quelle sull'effettiva esistenza dei sinonimi o sull'interferenza che ha sul significato di un termine l'uso dell'ironia) Serianni analizza poi l'evoluzione della lingua con il cambiare dei periodi storici, e i neologismi, le parole che invecchiano o quelle che invece riaffiorano dal passato e tornano in auge nel presente. Sbaglia chi pensa che questo saggio sia solo una operazione per dotti intellettuali. Ebbene non lo è, e per due motivi.
Innanzi tutto per il linguaggio adottato dall'autore, che grazie a uno stile diretto e chiaro ha reso meno ostica e "lontana" una materia magari non direttamente accessibile a tutti. E poi perché "le parole sono importanti per una ragione intrinseca: senza di esse non daremmo corpo alle idee", spiega Serianni. Se è vero che attraverso le parole costruiamo il nostro rapporto col mondo e con noi stessi, di certo la questione non è cosa da poco e ci riguarda tutti da vicino.
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