ANNA MARIA DANESE, LA COSA DOPPIA (Besa Editrice, pp.280, 18 euro). E' una bella giornata di sole e Baltasar Salinas, un commissario di polizia spagnolo in vacanza in Puglia, è appena arrivato al mare quando, dai flutti, emerge un cadavere: sembra una sirena dai lunghi capelli ramati, in realtà è il corpo di una tredicenne, brutalizzata prima di essere uccisa. Così quello che per Salinas e la sua amica italiana Elena "Nené" Aliota doveva essere un periodo di svago e relax nella terra di lei, si trasforma prima in un'indagine imprevista, poi in un vera e propria discesa agli inferi, alla scoperta della parte più buia della mente umana. E' l'inizio di "La cosa doppia", romanzo di esordio di Anna Maria Danese, giornalista dell'Ansa, una lunga esperienza come cronista e appassionata di politiche euromediterranee. La scoperta del corpicino violato non diventa tanto il punto di partenza di un viaggio investigativo-procedurale, quanto il primo di una serie di cerchi concentrici che dilatano progressivamente la storia, aggiungendo a ogni giro nuovi fatti e nuovi personaggi, disegnati spesso con pochi tratti, sempre con mano sicura, ognuno dotato di una sua "voce" ben precisa: l'intuito quasi preveggente e i ricordi di infanzia e giovinezza di Elena, la bonaria concretezza di Salinas, il rigore del tenente dei carabinieri Fulchero, l'aridità di un veterinario senza vocazione. Protagonisti e comprimari - come in ogni mistery che si rispetti - alle prese con segreti di varia natura, più o meno inconfessabili. L'autrice attinge con giudizio alla sua esperienza di giornalista di nera e giudiziaria per la parte procedurale e punta l'attenzione del lettore sulle vittime più indifese: i bambini, spesso migranti sottoposti ad abusi di ogni tipo, e gli animali, ai quali è dedicata una coinvolgente sottostoria. La "res bina", la "cosa doppia" del titolo, è il simbolo di due entità opposte e inconciliabili, da cui nasce una sofferenza lacerante e oscura, movente dei delitti e motore della storia. In cui molti dei personaggi si trovano a fare i conti con le ferite del proprio passato. Sono due entità apparentemente inconciliabili anche la violenza dei fatti raccontati da un lato e la bellezza selvaggia del territorio pugliese dall'altro, con calette dalle acque caraibiche, mare color cobalto, bianchi promontori e ulivi dai riflessi d'argento. Ma la scrittrice riesce a raggiungere un equilibrio che permette ai due aspetti di intrecciarsi, con risonanza emotiva e non cartolinesca.
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