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Walk of Shame, la sbornia dei ragazzi

Walk of Shame, la sbornia dei ragazzi

In libro le "novità" del fenomeno e le riflessioni per genitori

ROMA, 02 gennaio 2016, 12:07

Agnese Malatesta

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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ALESSANDRA DI PIETRO, IL GIOCO DELLA BOTTIGLIA - ALCOL E ADOLESCENTI, QUELLO CHE NON SAPPIAMO (ADD EDITORE - 192 PAGINE, 14 EURO)

E' nella 'Walk of Shame' - ossia la passeggiata della vergogna, quel barcollare mattutino mentre si torna a casa dopo una notte di alcol e sesso - l'immagine più reale e inquietante del fenomeno abuso di alcol fra gli odierni adolescenti. Un comportamento dannoso cercato per l'obiettivo primario di sciogliersi, far calare quell'inibizione che frenerebbe il ballo scatenato e il sesso occasionale, che facilita l'approccio fra maschi e femmine. A indagare in questo mondo giovanile, con testimonianze ed interviste ad esperti, è la giornalista Alessandra Di Pietro ne 'Il gioco della bottiglia'.

Non è solo cronaca il lavoro di Di Pietro: è il costante tentativo di dare una risposta all'ansia di una madre e di un padre, su 'cosa fare?' se il figlio torna a casa ubriaco; e soprattutto, cosa fare per prevenire? Inquietanti alcune testimonianze. "Francesco beve perché 'noi ragazzi fatichiamo a ballare da sobri, la birra scalda, movimenti la serata. Non bevo per emulare gli altri ma perché mi diverto di più, limono di più, parlo con gente con cui non parlerei da sobrio". Il problema per tutti è il dopo: il vomito, il mal di testa. Qualche piccolo accorgimento può aiutare: usare solo un po' di alcol all'inizio tanto per avviare la serata, o non bere mai a stomaco vuoto.

"Questi ragazzi bevono - scrive Di Pietro - ma non si sentono né dipendenti né ossessionati". Bere ed essere alticci è un mezzo per arrivare al divertimento. E non fa niente se per questo si perde la propria identità, e quindi la propria naturalità, per acquistarne un'altra. "Bevo per creare occasione - sottolinea un 23/enne campano - e far succedere qualcosa, è uno stimolo che mi scioglie e mi rilassa, quando sono alticcio sto bene, conosco più gente, divento sfacciato". I timori per la salute sono rimandati: si è così giovani che c'è tempo per riparare e ripensare. E poi, diffusa è la convinzione di autoregolarsi. "L'alcol è la sostanza psicoattiva legalizzata ma dannosa più utilizzata in ambito sociale, una sostanza cancerogena, tossica che può indurre dipendenza", avverte il gastroenterologo Emanuele Scafato che allarma sui danni procurati al fegato e ai neuroni cerebrali, al seno per le donne. E le leggi che vietano la vendita di alcolici ai minori sono spesso disattese. "Gli adolescenti di oggi rispetto alle generazioni degli anni '70 e '80 hanno perduto il senso dell'alcol come trasgressione.

    Di fronte a genitori permessivi e un'economia della notte costruita ad hoc, eccedere rappresenta una risposta al bisogno di protagonismo e di riconoscimento di una generazione a rischio di invisibilità", analizza la sociologa Franca Beccaria, che insegna all'European Masters in Alcohol and Drug Studies dell'Università del Piemonte Orientale, che richiama il ruolo delle regole. "I ragazzi hanno bisogno di regole e, se proviamo ad ascoltarli, scopriamo che chiedono con forza e si aspettano linee di confine in grado di rassicurarli e renderli coscienti delle responsabilità crescenti. Noi, come genitori, non dobbiamo essere sordi e confusi di fronte a queste richieste, e dobbiamo essere consapevoli che le regole saranno anche sfidate". E allora cosa fare? Vietare il consumo - come anche lanciare messaggi terroristici - non funziona per gli adolescenti. Anzi, alimenta il desiderio.

Ricette preconfezionate non ci sono: "ogni genitore e ogni adolescente sono una storia a sé come la relazione che li lega". "I figli - sottolinea Federico Tonioni, psichiatra, responsabile dell'ambulatorio di un'area delle dipendenze da sostanze e delle dipendenze comportamentali - si conoscono con le trattative, non con l'ubbidienza. E la devozione non è la quantità di rimproveri e di ansia buttata addosso ma il tempo reale passato insieme, guardandosi negli occhi". Ciò che deve preoccupare è se i nostri figli "non ci raccontano le loro bevute, perché la riluttanza è un rapporto esclusivo con l'alcol, o se li sorprendiamo a bere di nascosto o da soli in casa" piuttosto che la bravata di una sera. Qualche indicazione dal libro di Di Pietro c'è: meglio mostrare loro i rischi correlati all'oggi più che al domani; inviare loro messaggi positivi; evitare prediche; ascoltarli. Rassicurarli: "vai, ho fiducia in te, penso che farai grandi cose e ci tengo a farti sapere che se hai bisogno di me, io ci sono".
   

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