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Aleksievic, Russia impero del Male

Aleksievic, Russia impero del Male

Esce 'Tempo di seconda mano' su vita dopo crollo comunismo

MILANO, 25 settembre 2014, 16:02

Gioa Giudici

ANSACheck

La vita in Russia dopo il crollo del comunismo - RIPRODUZIONE RISERVATA

La vita in Russia dopo il crollo del comunismo - RIPRODUZIONE RISERVATA
La vita in Russia dopo il crollo del comunismo - RIPRODUZIONE RISERVATA

     - SVETLANA ALEKSIEVIC, "TEMPO DI SECONDA MANO"- LA VITA IN RUSSIA DOPO IL CROLLO DEL COMUNISMO, BOMPIANI, PP.778, EURO 24.
    "La Russia sta diventando di nuovo l'Impero del Male": è l'allarme lanciato dalla scrittrice bielorussa Svetlana Aleksievic che - dopo aver raccontato delle donne al fronte nella seconda Guerra Mondiale, dei reduci dall'Afghanistan e del dramma di Chernobyl - chiude il suo monumentale progetto sull'ex Unione Sovietica, raccontata attraverso migliaia di voci del popolo, con la pubblicazione di 'Tempo di seconda mano', dedicato a 'La vita in Russia dopo il crollo del comunismo'.
    Se quello che vivono oggi i russi è un tempo di seconda mano, infatti, è proprio perché "la Russia sta diventando la seconda Unione Sovietica - spiega Aleksievic, che ha vissuto a lungo a Parigi perché osteggiata dal regime di Lukashenko - Putin non dice nulla di nuovo, alle idee autoritarie si è solo aggiunta la fede ortodossa. Il titolo del libro, in questo senso, è la mia diagnosi della società post sovietica: dopo la perestroika non siamo stati capaci di gestire la situazione e creare qualcosa di nuovo". Emblematica, in questo senso, l'affermazione di uno dei tanti intervistati: "gli ho chiesto cosa stesse succedendo in Russia e lui mi ha risposto 'stiamo costruendo il capitalismo sotto la guida del Kgb, ma ora nei negozi c'è il salame".
    Proprio il salame ricorre spesso nelle quasi 800 pagine del libro, quasi a simboleggiare come le possibilità date dalla perestroika si siano poi incarnate unicamente in generi di consumo: "dopo il crollo siamo diventati una società consumista: la gente non ha approfittato della libertà per leggere i libri dei dissidenti ma si è buttata - ricorda - nei negozi".
    Tutto questo perché "la perestroika - riflette - non è stata fatta dal popolo ma da un gruppo di intellettuali guidati da Gorbaciov. Una mattina i russi si sono svegliati, hanno trovato tutto cambiato e si sono irritati: non c'era più solo la Pravda ma ogni giornale proponeva una sua verità". Ci si trovava per la prima volta a fare i conti con una libertà tanto sognata quanto sconosciuta: "non c'era memoria della libertà, nessuno poteva trasmetterne l'idea, così i comunisti sono rimasti al potere e hanno avuto la possibilità di derubare la Russia mentre l'uomo comune è rimasto com'era prima". Aleksievic riconosce che anche i democratici hanno avuto le loro colpe: "non sapevamo cosa fare, non avevamo un programma preciso". A un certo punto si è formato un ceto nuovo, di giovani che avevano studiato all'estero: "in 100mila hanno manifestato contro Putin, ma il regime è stato molto duro con loro e sono finiti in prigione o all'estero".
    A chi le chiede perché il popolo russo non abbia sfruttato la perestroika, la scrittrice risponde che "non si può passare dal lager alla libertà". Rimane "importante capire cosa sta succedendo sul territorio russo perché sta diventando un fattore di rischio". "Se non lo dovessero fermare l'Europa o l'America, Putin - avverte - potrebbe diventare un mostro, più di una volta ha detto che il crollo dell'Unione Sovietica è stato un evento catastrofico: quest'idea è ormai popolare e le ambizioni crescono". Il popolo è diviso: da una parte "un falso patriottismo esagerato", dall'altra "gli intellettuali contro la guerra in Ucraina chiamati 'nazionaltraditori'". "La gente ora non vuole diventare occidentale, io spero che un giorno lo diventeremo, con le nostre caratteristiche. Per ora da noi la libertà è impunibilità, una specie d'anarchia, ma io spero che la Russia, un giorno - auspica - possa diventare un paese normale".
    Un paese da raccontare, ancora una volta, attraverso le voci della sua gente: "ho voluto avvicinare la storia all'uomo perché il mondo è diventato così veloce che è difficile - spiega la scrittrice, candidata al Nobel nel 2013 - dare una visione globale e veritiera, ma attraverso questi racconti ci si può costruire un quadro completo".
   

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