Tratta dalla storia vera di una coppia di agenti russi che per più di vent’anni ha vissuto in incognito tra Canada, Francia e Stati Uniti, ha come protagonisti due agenti segreti del KGB, cresciuti e addestrati nell'Unione Sovietica e inviati negli Stati Uniti per fingersi normali cittadini americani. Dal loro matrimonio nascono due figli ma l’equilibrio della loro famiglia è più volte messo alla prova dagli sviluppi della Guerra Fredda, dai loro superiori che pretendono interventi sempre più rischiosi, dal fatto che la loro dedizione entri inesorabilmente in crisi.
Nella IV stagione prendono atto di aver sacrificato troppo delle loro vite: saranno alla fine disposti a rivelare le loro identità? Il notevole successo della serie ha spinto “The Guardian” a ricercare la testimonianza dei veri figli. In realtà, al di là dell’originalità del soggetto, la notevole forza attrattiva della serie sta nel crudo scandaglio di una vita matrimoniale, nelle tensioni di segreti e bugie che fa di ogni famiglia un ring intenso di affetti e rancori. I due personaggi, per rubare informazioni e manipolare individui, devono spesso sedurre altre persone, negoziare intimità con estranei e continuare ad amarsi (o fingere di farlo? In fondo, come ha scritto il “New York Times”, è “il resoconto sottile e complesso di una relazione”): è come se, la vita da spia, fosse una metafora di singolare trasparenza del conflitto tra la maschera e la nostra soggettività, tra il mondo e la solitudine che ognuno deve sperimentare nella propria vita privata e sociale.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA