“La televisione è piena di sovrannaturale (…) Penny Dreadful cerca di farlo con una più ricca provvista, ovvero: allusione letteraria, ottima recitazione, pazienza e coraggio” ha scritto il ”New York Times”. Ispirata ad un graphic novel di Alan Moore (La Lega degli Straordinari Gentlemen), riunisce nello stesso intreccio Dracula, Dorian Gray, Victor Frankenstein, Dr. Jekyll, catapultati tra licantropi, streghe e vampiri. E’ un’operazione di concentrazione, variazione, contaminazione di un inesauribile giacimento di immaginario che orchestra tutti i leit motiv del tardo romanticismo (folgori, magnetismo, cerimonie esoteriche, cimiteri, radure spettrali e sangue vermiglio denso come miele: “potrebbe essere letto come una fiction per bibliofili se non fosse così bella e scritta con tale intelligenza”, “Indiewire”).
E’ lo stesso abisso al quale ha massicciamente attinto Hollywood che su quella mitologia fantastica ha costruito il genere horror dagli anni ‘30 in poi. In realtà, nonostante l’erudizione vittoriana, la finezza della ricostruzione, il tratto da fumetto d’autore, il cuore di tutta la serie è il personaggio di Vanessa Ives, interpretata da Eva Green. La sua trasformazione, che la porterà tragicamente al proprio destino, è l’architrave dello storytelling. Passa dal combattere i suoi demoni fino ad accettarli, senza cedere alla paura. E’ un viaggio dell’eroe, in versione femminile, nello spazio di un gremito e barocco carillon gotico: il punto di vista, come di chi affondasse lo sguardo in un prezioso plastico dell’epoca, spesso spiove dall’alto sul capo dei personaggi e tra le lampade a gas delle vie della Londra che abitano.
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