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Bojack horseman

Bojack horseman

La serie ideata da Raphael Bob-Waksberg (USA, 2014, 3 stagioni)

22 dicembre 2016, 16:29

Redazione ANSA

ANSACheck

Bojack Horseman - RIPRODUZIONE RISERVATA

Bojack Horseman - RIPRODUZIONE RISERVATA
Bojack Horseman - RIPRODUZIONE RISERVATA

E’ come se Walt Disney avesse messo in cartoni animati antropomorfi una commedia di Woody Allen o Kurt Vonnegut avesse riscritto con perfido umorismo un cartone della Disney. In questa serie d’ animazione disegnata da Lisa Hanawalt e doppiata da personalità come Beyonce, Naomi Watts, Daniel Radcliffe e Paul McCartney tra gli altri, ambientata in un mondo abitato da animali antropomorfi e uomini, protagonista è un cavallo che è anche una star di una sitcom degli anni ’90 che sopravvive malamente al proprio remoto successo e ad un incorreggibile analfabetismo sentimentale, sociale ed affettivo.

La sua ghostwriter Diane, la sua agente nonché sua fidanzata ad intermittenza, Princess Carolyn, il suo assurdo coinquilino Todd, e Mr. Peanutbutter, un attore “cane” (in tutti i sensi) fidanzato con Diane, sono comprimari che nel corso delle tre stagioni crescono di spessore e personalità in questa serie animata che fonde l’irriverenza e lo humour tossico dei Simpson con una spietata autoanalisi composta, in parti uguali, di comicità e angoscia esistenziale, mostruosi sensi di colpa e spietata satira dei media e dello showbusinnes.

All’inizio sembra non somigliare così a niente che è difficile capire se abbia senso continuare a vederla ma la brillantezza incontinente dei dialoghi (“Non sono sempre molto bravo a non essere orribile”), il passo spedito e lo scavo drammatico, silenzioso e terapeutico, che ti colpisce con micidiali flashback senza preavviso, ne hanno fatto una delle serie più apprezzate e amate dalla critica: “la serie più ambiziosa emotivamente e – non è una contraddizione – la più spettacolarmente goffa” (Emily Nussbaum, “New Yorker). “può sembrare un goffo, stupido cartone animato su un attore che tenta la rimonta, ma in realtà è una meditazione incredibilmente dark e sorprendentemente ricca di sfumature sulla depressione, la fama, la famiglia e l'amicizia” (“Washington Post”)

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