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Kentridge, la mia Lulu dai mille volti

Kentridge, la mia Lulu dai mille volti

Al Costanzi debutta la versione completa del titolo di Berg

ROMA, 21 maggio 2017, 17:30

Marzia Apice

ANSACheck

Lulu, foto di scena - RIPRODUZIONE RISERVATA

Lulu, foto di scena - RIPRODUZIONE RISERVATA
Lulu, foto di scena - RIPRODUZIONE RISERVATA

"Lulu non è un'unica cosa, ma mille altre, né potrà mai essere un angelo o quello che gli uomini vogliono che sia. Ecco perché il tema di questo lavoro di Berg per me è l'instabilità, nell'impossibilità di far collimare ossessione e desiderio". Dopo aver concepito per la Capitale il colossale fregio Triumphs and Laments che da mesi impreziosisce il Lungotevere, il genio di William Kentridge sta per invadere anche il palco del Teatro dell'Opera di Roma con Lulu di Alban Berg, in scena dal 19 al 30 maggio con il Maestro Alejo Pérez alla direzione dell'orchestra.

Un titolo raro, imponente per proporzioni (3 atti) e complessità, che per la prima volta approda al Costanzi nella sua versione definitiva: l'opera infatti ha avuto solo una precedente rappresentazione in passato, nel lontano 1968, limitata ai 2 atti di Berg (poi completati nel 1979 dal musicologo Friedrich Cerha) e oggi si presenta al pubblico in un nuovo e ambizioso allestimento, coprodotto da Metropolitan Opera di New York, English National Opera di Londra e De Nationale Opera di Amsterdam, insieme alla Fondazione capitolina.

Il grande artista sudafricano, mente e cuore del progetto, offre dunque ai romani la sua personalissima rilettura di Lulu e della sua protagonista, donna inquieta e affascinante: partendo dai suoi disegni a inchiostro, il regista (coadiuvato da Luc De Wit) li pone in relazione con la musica, ma anche con i costumi ricercati, le luci e le videoproiezioni usate come ambientazione degli eventi o come modo per dare voce ai pensieri dei personaggi, oltre a rievocare sulla scena le atmosfere dell'omonimo film di G.W. Pabst con Louise Brooks (1929) e dell'Espressionismo tedesco (l'opera nacque proprio nella Germania degli anni '20 e 30). "L'inchiostro ricorda il sangue che scorre nell'opera", spiega Kentridge, "i fogli dei disegni vengono proiettati per creare un ritratto di Lulu e mentre volano in un movimento che ricorda la musica danno un senso di instabilità".

Nessun timore da parte del regista per la lunghezza non trascurabile della rappresentazione, circa 4 ore (intervalli compresi), perché "ormai siamo abituati alle visioni lunghe, in fondo sarà come guardare 4 episodi di seguito della nostra serie tv preferita". Il punto infatti per Kentridge è un altro: "Qui la storia è molto importante e se per il pubblico quest'opera non sarà un'esperienza emotiva che deve concludersi con un groppo in gola, allora avremo fallito". Se ancora non può essere prevedibile la reazione degli spettatori, certa è la complessità artistica di un titolo che non solo condensa in sé un'infinita varietà di stili, da Wagner alla dodecafonia, ma che si compone di tantissimi personaggi, tutti estremamente caratterizzati anche dal punto di vista drammaturgico. Senza contare poi la particolare attenzione riposta da Berg nella vocalità: per questo grande cura è stata messa nella creazione del cast, che presenta cantanti capaci di un'indiscussa maestria tecnica (dalle due Lulu, interpretate da Agneta Eichenholz e Disella Lárusdóttir, ai ruoli della contessa Geschwitz, la Guardarobiera di teatro, il banchiere e Schigolch, interpretati rispettivamente da Jennifer Larmore, Tamara Gura, Peter Savidge e Willard White).

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