Invecchiare e capire che si avvicina
la fine è cosa sempre difficile da affrontare, fa paura, ma se
non si è soli, pur rimanendo la cosa senza uscita, c'è la
possibilità di pensare di esistere ancora negli occhi
dell'altro, che il suo sguardo possa essere testimonianza del
nostro essere nel mal e nel bene. E' un po' questo, pur nella
sua disperazione, il senso di ''Il lavoro di vivere'', commedia
nera dell'israeliano Hanoch Levin messa in scena con un realismo
dal tocco appena onirico da Andrée Ruth Shammah per il Franco
Parenti di Milano con un Carlo Cecchi eccezionale assieme a
Fulvia Carotenuto e con Massimo Loreto, che sono sino al 5 marzo
al Piccolo Eliseo a Roma e saranno poi, tra l'altro, dall'1 al 7
aprile al Niccolini di Firenze.
Al centro della scena un letto matrimoniale con Yona Popoch
che sta invecchiando e si sveglia all'improvviso nel cuore della
notte pieno di paure che riversa sulla moglie Leviva che gli
dorme accanto, riversando su di lei e colpevolizzandola per la
paura di morire.
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