Vitale e visionario, del tutto fuori dagli schemi ed estremamente complesso: il Benvenuto Cellini firmato da Terry Gilliam e con le musiche di Hector Louis Berlioz sarà un concentrato di meraviglia ed eccellenza artistica che non mancherà di stupire il pubblico del Teatro dell'Opera di Roma. In cartellone al Costanzi dal 22/3 al 3/4, l'allestimento approda a Roma in prima nazionale, dopo aver incantato Londra, Barcellona e Amsterdam, e vedrà sul podio dell'orchestra il Maestro Roberto Abbado. Nato come opéra comique e poi soggetto a lunghe rielaborazioni, il Benvenuto Cellini fu un sonoro fiasco al suo debutto parigino nel 1838, e poi negli anni - pur con il successo ottenuto 1852 grazie alle modifiche apportate da Liszt - ha sempre rappresentato un titolo ostico, per la difficoltà musicale ed interpretativa, oltre che scenica.
Ma è qui che risiede tutto il fascino di questo lavoro, sperimentale per la sua epoca tanto da non essere compreso, estremo e originale come il suo protagonista: interamente incentrata sulla figura del grande orafo e scultore italiano (in cui Berlioz, in pieno spirito romantico, si immedesimò lasciandosi ispirare dall'autobiografia dell'artista), l'opera diviene infatti metafora del tormento e della genialità di chi si dedica anima e corpo all'arte, anche sacrificando la propria felicità. Una scelta dunque coraggiosa quella della Fondazione lirica guidata da Carlo Fuortes, che punta su un'opera complessa e non di repertorio (assente dal Costanzi dal 1995, quando venne portato in scena da Gigi Proietti), resa possibile solo grazie alla coproduzione con l'English National Opera di Londra e De Nationale Opera di Amsterdam.
"Il pubblico si ricorderà di questo spettacolo e il nostro dovere come teatro è quello di divertire, meravigliare e anche far discutere", ha detto questa mattina il sovrintendente Fuortes, "la musica innovativa inserita in un allestimento bellissimo è un motore drammaturgico straordinario e metterà a dura prova cantanti e coro, poi l'ambientazione romana, la coproduzione internazionale, la regia di Gilliam e l'esser riusciti a creare un gruppo di artisti della qualità che questa opera richiede sono i motivi che ci hanno spinto a realizzarla". "Berlioz vede in Cellini il suo alter ego: in quest'opera c'è euforia e gioia ma anche la solitudine dell'artista romantico", ha spiegato Abbado, "questa musica è al limite dell'ineseguibile, ha in sé una grande tensione e anticipa le avanguardie del '900". "Berlioz non è mai ovvio - ha aggiunto il Maestro - la sua musica è ardita e scomoda per il ritmo asimmetrico e innovativa sul piano armonico e melodico e su quello dell'orchestrazione perché il suono è spazializzato, distribuito su più livelli". In quello che si preannuncia come uno spettacolare e imperdibile scontro tra geni un po' folli e spregiudicati (la vita di Cellini, la musica di Berlioz e la teatralità visionaria e "cinematografica" di Gilliam), i riflettori però saranno puntati anche sui cantanti (molto attese le performance di John Osborn, nei panni di Benvenuto Cellini, Nicola Ulivieri in quelli di Giacomo Balducci, e Mariangela Sicilia, al debutto romano, nel ruolo di Teresa) nonché il coro, la cui performance sarà cruciale per una perfetta resa dell'opera.
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