Il festival di Sanremo fa un tuffo all'indietro, in pieni anni Ottanta. Sul palco dell'Ariston, superospiti della terza serata, arrivano gli Spandau Ballet. Il gruppo degli ex 5 ragazzi londinesi, ormai signori ultra cinquantenni con qualche chilo di troppo - soprattutto il bel Tony Hadley - e le rughe a segnare il volto, sono sbarcati in Italia, per la quarta volta al Festival. "Siamo contenti di essere qui", è la attesa frase di rito, che Tony non manca di ripetere accompagnata dal solito "è un Paese meraviglioso, passionale, con un pubblico strepitoso e ottimo vino e cibo".
Trent'anni fa si spartivano il mondo musicale pop con i Duran Duran, poi dopo 10 anni di successi, è arrivata la separazione non consensuale, cui sono seguite beghe processuali e litigi più o meno plateali con Gary Kemp - autore delle canzoni, che si è tenuto tutti i diritti - da una parte e il resto della band, rimasta a becco asciutto, dall'altra. Sembrava impossibile rivederli insieme. Almeno fino a 5 anni fa, quando è partita l'operazione nostalgia. Oppure l'operazione salvadanaio. Fatto sta che la band - che in sala stampa è stata presa d'assalto dai giornalisti a caccia di autografi su copertine d'epoca e selfie - è tornata insieme, per i nostalgici del genere. Ora, deposta l'ascia di guerra ("Non è più tempo di parlare dei nostri problemi, ormai siamo tornati insieme", dice Gary artefice anche del film-documentario Souls Boys of the western World che racconta la loro storia e che è stato presentato all'ultimo festival del cinema di Roma), sono arrivati a Sanremo per promuovere il tour internazionale che toccherà anche l'Italia tra il 24 e il 30 marzo con tappe a Milano, Torino, Padova, Firenze, Roma, "un modo per connetterci con il nostro pubblico".
"A riguardare come eravamo allora - dice ancora Gary - sembra di vedere un film di guerra. Immagini lontanissime. Anche una testimonianza di come sono cambiati gli Spandau e di come sia cambiato il mondo". E John Keeble nota come ai loro inizi "non c'era internet, non c'erano i cellulari, ma la grande musica rimane. E gli Spandau sono stati una delle più grandi band dal vivo, speriamo di continuare". In canna hanno tre nuovi singoli, "siamo produttivi e sarebbe un peccato se non riuscissimo ad arrivare a un album nel giro di qualche mese. Ci sono vibrazioni positive", annunciano, spiegando anche che non hanno timore di rimanere confinati tra i ricordi dei quarantenni di oggi. "Impossibile non sentir parlare degli Spandau. I ragazzi ci conoscono e verranno a sentirci". I live saranno una celebrazione del gruppo, ci sarà un po' tutta la produzione di Hadley & Co. "Alcune canzoni hanno avuto un grande significato per i nostri fan". L'ultima battuta, sollecita da una domanda, è per i giovani degli anni Ottanta, che uscivano perdenti dal confronto con i 5 inglesi nel cuore delle coetanee: "Sorry about that - dice Steve Norman -. Ma il lavoro duro, qualcuno lo deve pur fare".
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