È una lettera al futuro, come
recita il sottotitolo, la mostra dedicata al lavoro dello
stilista giapponese Yohji Yamamoto che apre il 16 maggio a
Milano, segnando un nuovo capitolo della programmazione
espositiva della Galleria di 10·Corso·Como.
Presentata da 10·Corso·Como e Yohji Yamamoto e curata da
Alessio de'Navasques - curatore e docente di Fashion Archives
presso Sapienza Università di Roma - la mostra raccoglie 25 capi
di archivio, tutti provenienti dalla Collezione Yohji Yamamoto,
di epoche e stagioni diverse, dal 1986 al 2024, che marcano i
capitoli di una missiva rivolta all'avvenire, definendo il
rapporto ambivalente e poetico del designer con il tempo, in un
flusso asincrono di forme, asimmetrie, materiali.
Gli abiti sono allestiti su busti sartoriali simili a quelli
su cui hanno preso vita nell'atelier, accompagnati da
riflessioni sul senso del futuro dell'80enne stilista stampate a
parete. Allineando capi di collezioni diverse, dall'Autunno -
Inverno 1996-97, in cui il feltro diventa un origami, allo show
performance della Primavera 1999 dove le modelle si liberavano
di crinoline, veli e strati di tessuto, rivelando l'essenza
della forma, ai robe manteau tridimensionali nell'Inverno 2023 -
24 e molti altri, il percorso pone l'attenzione sulla ricerca di
Yohji Yamamoto di una silhouette universale, in una riflessione
continua, rigorosa, del rapporto tra corpo e abito, esaltata
dall'uso del nero. L'insistenza del designer su un concetto di
imperfezione accogliente per ogni forma, la sperimentazione dei
volumi e dei tessuti - lavorati o lasciati scivolare,
drappeggiati o scultorei - sono i motivi ricorrenti che hanno
rivoluzionato il rapporto tra capo e persona, come messaggio
universale di una libertà che guarda al futuro.
"Yohji Yamamoto - dice il curatore, Alessio de'Navasques -
unisce ad un senso di spiritualità zen, la potenza carnale e
drammatica della forma. Dal suo arrivo a Parigi, all'inizio
degli anni Ottanta, ad oggi il suo messaggio è ancora
imprescindibile e molto forte. Assistiamo ad un momento storico
in cui, proprio come accadeva negli anni del suo esordio in
Europa, la fisicità sembra essersi liberata da sovrastrutture e
stereotipi di genere, eppure siamo sovraesposti, continuamente
giudicati, come accade sui social media. Il messaggio di Yohji
Yamamoto è, invece - conclude - quello del corpo che agisce
sull'abito, attraverso le sue forme imperfette e accoglienti,
che racchiudono ogni tipo di corpo e di spirito".
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