GIOVANNI MUCIACCIA, ATTACCHI D'ARTE CONTEMPORANEA. PER COMPRENDERE L'ARTE E STIMOLARE LA CREATIVITA' (Rizzoli, pp.288, 18 euro). "Sono partito da me stesso e dalle mie passioni, cercando di ritrovare il mio pubblico, quello ormai cresciuto dei trentenni. Voglio riprendere per mano i bambini di ieri, stimolandoli come facevo quando erano piccoli": riannoda il filo di un discorso fatto di creatività e di entusiasmo e lasciato a metà Giovanni Muciaccia, autore per Rizzoli di "Attacchi d'arte contemporanea" (disponibile dal 16 novembre), manuale pop per capire (e giocare con) il panorama artistico dei nostri tempi. Volto amatissimo del programma di Disney Channel divenuto un cult "Art Attack" (poi trasmesso anche su Rai2 fino al 2005 e in onda nuovamente dal 2011 al 2014), l'autore, dopo le ultime esperienze di conduzione a "Sereno Variabile" nel 2017 e "La porta segreta" nel 2020 entrambi su Rai2, prova ora a raccontare su carta la ricchezza dell'arte contemporanea, nella convinzione che proprio dai giovani sia materia poco conosciuta: "sono importanti Raffaello e Michelangelo, ma in pochi sanno che Duchamp è stato l'inventore del readymade; i ragazzi hanno troppe carenze nell'arte di oggi", spiega Muciaccia in un'intervista all'ANSA, "ho lavorato per 11 mesi con gioia anche nei weekend, ho studiato e ricercato, e mi sono dedicato solo al libro, sfruttando il lockdown". L'arte contemporanea, raccontata come fa Muciaccia nel libro, diventa davvero un giardino di meraviglie: pagina dopo pagina, il lettore troverà teorie ed esperimenti, concetti sorprendenti come il peso visivo del colore e la forma delle note musicali, fenomeni come la simmetria radiale e tante altre piccole grandi stupefacenti informazioni, oltre a riferimenti a maestri del calibro di Kandinskij e Kapoor, Hirst e Rothko, Isgrò e Calder. Ma nel volume (e c'era da aspettarselo da un creativo come Muciaccia) non manca spazio per il divertimento, con tante attività da fare, call to action e QR Code che rimandano ad approfondimenti e contenuti speciali. Un chiaro invito quindi a sperimentare direttamente la propria creatività, nella convinzione che cimentarsi in modo pratico e "sporcarsi le mani" sia sempre la strada migliore per comprendere l'arte, certo, ma anche il proprio talento. "E' sicuramente un libro imbevuto di didattica, sarebbe bello se gli insegnanti lo adottassero come succedeva ai tempi di Art Attack, quando molti lavori fatti in tv venivano poi riproposti in classe. Ma il libro è anche una sorta di dispositivo per realizzare una creazione d'arte. In queste pagine ho cercato di spiegare i processi che gli artisti mettono in campo per realizzare un'opera e perché poi quell'opera diventa così importante. L'analisi tecnica consente di capire cose che magari non si colgono subito", racconta, "nella scuola italiana manca tutta la parte pratica: gli studenti sono imbevuti di teoria, ma devono sperimentarsi, anche se credono di non avere talento. Anche sbagliare ci fa crescere, perché l'errore è creatività, lì che si trova la soluzione". La manualità è senz'altro un asso nella sua manica: ma quando ha scoperto di esserne dotato? "L'ho scoperta da bambino, quando mi costruivo da solo tante cose. Anche l'occhio però è importante, perché va insieme alla manualità, è un equilibrio, l'occhio guida la mano che deve avere una sensibilità", afferma, "mi sono appassionato alla storia dell'arte alle scuole medie, perché avevo un professore che sapeva raccontarla, e frequentando le mostre ho potuto educare lo sguardo. Poi è arrivata l'esperienza di Art Attack e da lì ho iniziato a frequentare la Tate Modern, alcune cose all'inizio non le capivo, ma poiché sono curioso ho approfondito e ho cominciato a studiare e fare ricerca". Quali sono i suoi progetti dopo il libro? "Sarebbe bello tornare in tv, ho concluso da un anno e mezzo alcuni programmi in Rai", dice, "mi sto dedicando da tempo ai social, Instagram e TikTok, dove ho creato un nuovo format in 3 minuti nel quale racconto le opere d'arte. In futuro piacerebbe anche fare una mostra con lavori artistici realizzati da me".
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