C'è una "vita segreta" di Alberto
Burri, l'artista morto nel 1995, fatta di aneddoti, narrazioni e
curiosità. Questo aspetto di Burri è l'anima del libro di Matteo
'Tito' Fortuni, il medico suo amico per l'intera vita, "Alberto
Burri. L'amicizia - Il diario segreto di Tito Fortuni"
(Maschietto Editore, pagg.224, 16 euro) che sarà presentato il
28 aprile in Palazzo Strozzi che ospita la mostra Da Kandinsky a
Pollock. "Gianni Agnelli è venuto a Città di Castello per
visitare Palazzo Albizzini e incontrare Burri... Alberto mi
telefona subito dopo perché è esterrefatto dalle domande puerili
dell'avvocato: 'Maestro produce, produce?' Il suo commento con
me: 'Non faccio mica le macchine!' E poi, di nuovo Agnelli: 'La
sua annata migliore è il 1952?' E Alberto a me: 'Non faccio mica
il vino!' E conclude: 'Non ho capito se è ignorante o se
sfotte'". E' uno degli episodi raccontati da Fortuni con la
prefazione di Bruno Corà, presidente della Fondazione Burri, ed
il commento di Guelfo Guelfi, membro del Cda Rai.
Fortuni, morto nel 1999, fu amico fraterno, confidente,
consigliere, collezionista nonché medico personale del più
importante artista italiano del secondo Novecento. Con Burri
condivise passioni, peripezie, successi e dopo la sua morte
(1995) contribuì a realizzarne le volontà, in particolare con la
Fondazione che a Città di Castello ospita l'imponente collezione
oggetto di un annoso conflitto ereditario infine risolto.
Il diario racconta dunque i momenti privati di due vite
vissute in parallelo: Fortuni e Burri entrambi castellani,
entrambi studenti di medicina, entrambi calciatori per diletto
oltre che tifosi sfegatati del Perugia. Si frequentano con
assiduità, si assistono anche quando la diversa professione li
divide, si confessano fino all'ultimo.
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