"Identità è una parola abusata,
tuttavia al centro di ogni conflitto. Ed è un tema che mi
ossessiona. Ma non sono una scrittrice migrante": Anilda
Ibrahimi, autrice albanese in Italia dal 1997, da sempre ha
rifiutato di rinchiudere il proprio lavoro in recinti e
banalizzazioni, tanto da scrivere in italiano, e non nella sua
lingua madre. "Parlare di letteratura migrante significa
ragionare in modo periferico e io ho preso le distanze da questo
fin dal mio primo romanzo grazie al pubblico, che non ha
curiosità antropologiche nei miei confronti, ma vuole solo
leggere delle storie", racconta all'ANSA a bordo di Una nave di
Libri per Barcellona (organizzata da Leggere:tutti e Grimaldi
Lines in occasione della Giornata Mondiale del Libro),
specificando quanto poter scrivere nella nostra lingua "senza
l'eredità della letteratura italiana sia stata una fortuna.
L'italiano è nato adulto in me".
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