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Halle Berry, la mia lottatrice 'spezzata' in Bruised

Halle Berry, la mia lottatrice 'spezzata' in Bruised

Attrice debutta a regia. 'Inclusione a Hollywood? Va meglio'

ROMA, 13 settembre 2020, 18:29

di Francesca Pierleoni

ANSACheck

Halle Berry, la mia lottatrice 'spezzata ' in Bruised - RIPRODUZIONE RISERVATA

Halle Berry, la mia lottatrice  'spezzata ' in Bruised - RIPRODUZIONE RISERVATA
Halle Berry, la mia lottatrice 'spezzata ' in Bruised - RIPRODUZIONE RISERVATA

ROMA - Il ruolo di una lottatrice Mma (lo sport da combattimento a contatto pieno dove sono permessi calci, pugni, gomitate e ginocchiate, praticato anche dai fratelli Bianchi, arrestati per l'omicidio di Willy Monteiro) immaginato per una 25enne bianca, irlandese e cattolica: è stato il primo ostacolo che ha superato Halle Berry nell'arrivare al suo esordio alla regia con Bruised, dramma sociale/famigliare di cui l'attrice premio Oscar è anche protagonista. Il film debutta in una versione 'work in progress' al Toronto Film festival, dove Netflix ne ha appena acquisito i diritti di distribuzione per circa 20 milioni di dollari.

"Sono sconvolta e molto grata a Toronto - commenta Halle Berry nell'incontro online organizzato dal Festival -. Al film stiamo ancora finendo di lavorare, visto che il Covid ha rallentato tutto. Avere già un accordo per la distribuzione è una grande emozione". L'attrice, classe 1966, prima (e per ora unica) vincitrice afroamericana nel 2002 con Monster's ball, dell'Oscar come migliore attrice protagonista ("in quasi 20 anni non si sono premiate altre attrici di colore in questa categoria... una cosa inimmaginabile"), nella conversazione ha parlato del suo percorso, delle maggiori possibilità di inclusione a Hollywood e di cosa l'abbia spinta al debutto alla regia per Bruised. Nel film interpreta Jackie "Justice", ex promessa della Mma, che dopo anni passati sbarcando il lunario a fatica, torna a battersi in combattimenti clandestini e riscopre la passione per lo sport. Parallelamente si trova a prendersi cura per la prima volta del figlio di sei anni Manny, che aveva abbandonato lasciandolo al padre. "Quando ho letto la sceneggiatura quattro o cinque anni fa, mi aveva colpito il fatto che fosse un classico 'fight film' - spiega l'attrice, che vediamo in varie scene di Bruised con il volto tumefatto dopo i match - dove le persone si appassionano a fare il tifo per lo sfavorito e sentivo di comprendere la frattura interiore di questo personaggio". Poi "mi piaceva l'idea di fare un film che parlasse di redenzione. Amo vedere storie sullo spirito umano che risorge, su qualcuno che nonostante tutte le difficoltà riesce a rimanere in piedi. La maggior parte delle persone si riconosce in questi temi, perché tutti noi ci ritroviamo a lottare in qualche momento della nostra vita, per raddrizzare le cose, volendo agire per il nostro bene e per quello della nostra famiglia".

La passione di Halle Berry per il ruolo ha convinto i produttori a cambiare la visione del personaggio; inoltre le è stato chiesto di cercare il regista giusto per il progetto. "Una cosa che ho diligentemente fatto - sottolinea -. Ho parlato con molti cineasti, uomini e donne, affermati o emergenti, ma o non capivano la storia o avevano una visione che sentivo molto lontana dalla mia. Così alla fine, un'amica mi ha consigliato di dirigere io stessa il film, e mi sono convinta, sapevo che nessuno avrebbe lavorato su questo progetto duramente quanto me". All'esordio dietro la macchina da presa, confessa, "avevo una paura folle, ma avere paura è salutare, quando non ce l'hai vuole dire che non hai la passione giusta per quel progetto". La parte più facile "è stata lavorare con gli attori, perché conoscevo il loro linguaggio. Ho visto tanti registi che non erano capaci di comunicare nel modo giusto con gli attori e che spesso per questo influenzavano in modo negativo le loro performance". Dal 2014 Halle Berry (impegnata in questi mesi anche nel sostegno al movimento Black Lives Matter, a volte con qualche polemica) porta avanti un percorso parallelo da produttrice di progetti per il cinema e la tv: "Volevo che si raccontassero più storie di donne e di donne di colore. Ora è esaltante vedere quanto sia cresciuto il numero di artiste di colore che scrivono e dirigono. Le cose vanno meglio". Vent'anni fa la situazione "era molto diversa, faticavo a trovare ruoli che mi ispirassero, che mi permettessero di esprimere il mio talento o che fossero di ampio respiro. Oggi basta guardare al panorama che abbiamo davanti e soprattutto al piccolo schermo. I migliori film li trovi in tv. E' piena di colori e di personaggi meravigliosi per le donne. So che le cose stanno cambiando e sono fiera di essere parte di questa evoluzione e nuova frontiera".

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