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Tarantino, tutta la mia opera è violenza

Tarantino, tutta la mia opera è violenza

Regista a Roma, il cinema non cambia la storia ma la influenza

ROMA, 04 agosto 2019, 18:23

Francesco Gallo

ANSACheck

Quentin Tarantino e i suoi attori in conferenza stampa a Roma - RIPRODUZIONE RISERVATA

Quentin Tarantino e i suoi attori in conferenza stampa a Roma - RIPRODUZIONE RISERVATA
Quentin Tarantino e i suoi attori in conferenza stampa a Roma - RIPRODUZIONE RISERVATA

ROMA - "La conferenza stampa più intellettuale che abbia mai fatto". Si chiude così, tra le rumorose e sincopate risate di Quentin Tarantino, la conferenza stampa di 'C'era una volta... a Hollywood' che sarà in sala dal 18 settembre con la Warner Bros. Insieme a lui, che indossava un'emblematica t-shirt nera con la scritta Brutalism, Leonardo DiCaprio e Margot Robbie, due dei protagonisti del film che sono stati oggetto di vero tifo da stadio all'anteprima romana.

Nessun accenno alle molte polemiche che accompagnano il film - da quella degli animalisti per il trattamento del pitbull Sayuri a quella della figlia di Bruce Lee per la rappresentazione, fino alla ricostruzione del caso Sharon Tate senza aver neppure consultato Polanski - che tra l'altro va forte al box office. Comunque un Tarantino 'tarantolato' quello che si è visto oggi a Roma. A un certo punto parlando della sua passione per gli spaghetti western dice: "Un critico inglese, Laurence Staig, anni fa ha scritto il libro 'Italian Western. The Opera of violence' ed è in fondo, almeno per quanto riguarda la violenza, quello che sto facendo io con tutta la mia opera".

Tre gli interpreti principali di questo film, passato al Festival di Cannes in concorso e ambientato nella Hollywood di fine anni Sessanta, Leonardo DiCaprio nei panni di Rick Dalton, attore di western tv di serie B pieno di fragilità, e Brad Pitt (Cliff Booth), suo stuntman e amico di lunga data che è come la parte mancante di Dalton, una persona che potrebbe ucciderti con un cucchiaio. Infine, a completare il quadro, la bellissima Margot Robbie nei panni di Sharon Tate (uccisa proprio nel 1969 dalla setta di Charles Manson) che, guarda caso, è una vicina di Rick Dalton. "Credo ci sia un elemento di nostalgia in questo film - ammette Tarantino - . Hollywood era diversa allora, il cinema stesso era diverso. La prima cosa che mi viene in mente quando mi fanno questa domanda sono i set meravigliosi che c'erano allora. Tutto veniva costruito da zero e servivano un sacco di soldi. Ora neppure le grandi produzioni - spiega il regista di Pulp Fiction - se lo possono permettere. E tutto questo a danno dell'artigianato che sta scomparendo". Dice invece della sua storica passione per il cinema italiano: "Adoro i film di genere, i cosiddetti B-movie, e ho sempre amato quelli italiani, western o commedia sexy, cappa e spada, peplum o polizieschi. Va detto che gli italiani hanno reinventato questi generi, parlo di registi come Sergio Leone, Sergio Corbucci, Sergio Sollima e Duccio Tessari. Anche perché molti di loro avevano iniziato come critici o come grandi appassionati di cinema".

In 'C'era una volta... a Hollywood' un ennesimo tentativo, da parte di Tarantino, di cambiare la storia verso il meglio, proprio come aveva fatto in 'Bastardi senza gloria' e 'Django Unchained': "È vero, con questo film chiudo una trilogia. Non posso dire però che il cinema abbia il potere cambiare la storia, ma certo può avere la sua influenza".


   

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