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La gioventù sulfurea di Andrea De Sica

La gioventù sulfurea di Andrea De Sica

In sala dal 31 maggio I figli della notte

ROMA, 12 maggio 2017, 10:16

Francesco Gallo

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Questa volta niente ragazzi alle prese con maternità precoci o con i soliti problemi esistenziali che finiscono in commedia, ne 'I figli della notte', bella opera prima di Andrea De Sica in sala dal 31 maggio con 01, protagonisti due sedicenni, abbastanza sulfurei per non essere stucchevoli, che si trovano in un inquietante collegio, tra le montagne di Dobbiaco, che ricorda l'Overlook Hotel di Shining. Il regista, figlio d'arte due volte - è infatti nipote di Vittorio De Sica (il padre era Manuel) e ha come madre la produttrice Tilde Corsi - trentacinque anni, laureato in filosofia e cinefilo accanito, ha messo mano a questo film - già a Torino e poi al Bif&st - che mischia i generi con grande disinvoltura. Siamo appunto a Dobbiaco in un'antica struttura asburgica, che ha ospitato tra gli altri Gustav Mahler. Qui, in questo severo collegio, si consuma l'abbandono di due adolescenti: Giulio (Vincenzo Crea) ed Edoardo (Ludovico Succio). Nonostante la differenza di caratteri, i due diventano amici in questa scuola per 'i dirigenti del futuro' dove, non solo si rispettano le regole, ma si accetta anche, velatamente, la trasgressione (virtù funzionale per i manager). Per i due sedicenni, fenomeni di bullismo e insegnanti inquietanti come Mathias (Fabrizio Rongione). Unica valvola di sfogo, di notte, una casetta nel bosco, come quella di Hans e Gretel, ma piena zeppa di escort come Elena(Yuliia Sobol). "Il film nasce da esperienza diretta di persone a cui sono molto legato e che sono state in collegio - dice il regista, classe 1981 -. Mi ha incuriosito che in un collegio negli anni 2000 si abbandonassero ancora sedicenni alle prese con scelte che potevano cambiare la loro vita. Partito da qui mi sono lasciato trasportare dalla mia fantasia e dalla mia idea di cinema, per fare sì un film sugli adolescenti, ma anche di genere". L'idea era anche quella di raccontare "una storia di formazione, anzi di 'de-formazione', e di crescita di persone normali che potrebbero diventare potenzialmente pericolose". Ne I figli della notte, riconosce Andrea De Sica, c'è un po' una lezione che gli viene dal nonno: "Sì nella ricaduta di scelte degli adulti sui loro figli, un po' come accade ne 'I bambini ci guardano'. Si tratta, in certi casi, di sopravvivere alla scelta dei genitori o morire". Sulla inaspettata difficoltà di essere 'figli d'arte' dice: "e' quasi più difficile essere figlio di un produttore, come è mia madre, che essere il nipote di Vittorio. Qualcuno mi ha anche detto: perché non lo fai produrre a tua madre? Bisogna avere pazienza". Certo, conclude, ''questo film può essere anche considerato politico visto che riguarda la futura classe dirigente, ma io volevo solo raccontare l'adolescenza in modo sincero''. Una curiosità su Andrea De Sica, in cui scorre vero sangue d'artista di razza, sue sono anche le musiche: "Doveva farle mio padre prima di morire. Se non le fa lui, mi sono detto, non può farle nessun altro. Così ho comprato una tastiera e mi sono messo a comporre''.

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