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Le barriere di Denzel Washington, candidato all'Oscar

Le barriere di Denzel Washington, candidato all'Oscar

Con 4 nomination è tra film che scardinano Oscar 'troppo bianchi

ROMA, 27 gennaio 2017, 09:23

Francesca Pierleoni

ANSACheck

Un 'immagine del film Barriere - RIPRODUZIONE RISERVATA

Un 'immagine del film Barriere - RIPRODUZIONE RISERVATA
Un 'immagine del film Barriere - RIPRODUZIONE RISERVATA

ROMA - Un recinto in cortile, per tenere fuori 'il diavolo', o semplicemente, cercare di proteggere una famiglia da dubbi, tentazioni, ferite, contrasti e sogni abbandonati, è il simbolo dell'intenso Barriere (Fences), interpretato da Denzel Washington, in corsa per quattro Oscar: miglior film, attore protagonista, attrice non protagonista a Viola Davis, già vincitrice per il ruolo del Golden globe, e miglior sceneggiatura. Una nomination, quest'ultima, postuma, per August Wilson, il grande drammaturgo afroamericano, autore anche della piece (con cui aveva vinto il suo secondo Pulitzer), scomparso, nel 2005, a soli 60 anni per un tumore.

Per Washington, che di Oscar ne ha già vinti due come attore, su sei nomination, con Glory (1990) e Training Day (2002), stavolta il ritorno in gara con 'Barriere' che sarà nelle sale italiane dal 23 febbraio con Universal, è particolarmente importante. Aveva infatti già interpretato, sempre con Viola Davis, il testo nel 2010 a teatro, ed entrambi avevano vinto i premi Tony come migliori attori. Il dramma è stato scritto da Wilson nel 1983 come parte del suo 'Ciclo di Pittsburgh', 10 piece sulla vita quotidiana dell'America nera dal 1900 agli anni '90. Lo scrittore aveva sempre detto no ad adattamenti del suo lavoro che non fossero diretti da un regista afroamericano. Questa prima trasposizione cinematografica contribuisce insieme a film come Moonlight e Il diritto di contare, a dare più spazio agli Oscar, ad artisti appartenenti a minoranze, dopo le polemiche per l'edizione 'troppo bianca' del 2016. Uno stato di cose, quello degli '#oscarssowhite', che Washington ha vissuto, ma ''non ci si può arrendere. Se cerchi una scusa per farlo, la trovi - ha detto a '60 minutes' -. Non si può vivere così, bisogna continuare a fare del proprio meglio''.

Nel film, ha spiegato nelle interviste, ''si parla di una famiglia americana ma i temi sono universali. A chi mi chiede cosa vorrei che il pubblico comprendesse della storia, rispondo che dipende dal bagaglio famigliare di ognuno''. Rispetto al testo teatrale, tutto ambientato nel cortile dell'abitazione dei protagonisti, L'attore-regista amplia leggermente lo sguardo, ma il pathos resta però costruito sulle performance dell'ottimo cast, che comprende anche Stephen Henderson (già grande interprete delle opere teatrali di Wilson) Jovan Adepo, Russell Hornsby, Mykelti Williamson e la piccola Saniyya Sidney. Washington nella vicenda, ambientata negli anni '50, è Troy Maxson, 50enne pieno di vita, rabbia, e sogni abbandonati (come quello del baseball per il quale aveva un grande talento), che lavora come operatore ecologico. E' sposato a Rose (Davis), colonna della famiglia, che ha rinunciato per il marito ai suoi desideri. L'uomo ha rapporti difficili con i figli, Lyons, musicista jazz spiantato, e Cory, talento del football, e si sente in colpa verso il fratello, l'affettuoso e visionario Gabe, il cui ritardo mentale è stato causato da una ferita in guerra. A scatenare l'esplosione dei conflitti sarà una difficile confessione che Troy decide di fare alla moglie. ''Denzel è un vero leader, uno uomo di fede e di grande integrità e credo che questo si veda nel suo lavoro'' ha spiegato Viola Davis a proposito del lavoro con Washington. L'attore continuerà a dedicarsi all'opera di Wilson, come produttore esecutivo per la Hbo dei film tratti dalle altre nove opere del Ciclo di Pittsburgh: ''Qualcuno potrei anche interpretarlo o dirigerlo - ha detto - è il lavoro di una vita''.

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