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Tom à la ferme, omofobia per un funerale

Tom à la ferme, omofobia per un funerale

In sala il penultimo film del regista canadese Xavier Dolan

ROMA, 08 luglio 2016, 10:09

Francesco Gallo

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Non si può dire che 'Tom à La Ferme' (Tom nella fattoria), già in corsa al Festival di Venezia nel 2013 per il Canada, e in sala da domani con Movies Inspired, non risenta della giovinezza del suo regista Xavier Dolan, 25 anni, vero enfant prodige del cinema che a soli 19 anni ha girato il primo lungometraggio 'J'ai tué ma mère' vincendo il premio per la miglior sceneggiatura alla Quinzaine des Realisateurs a Cannes.
Detto questo, il film racconta con seria ironia il disagio di essere omosessuali e soprattutto, non troppo in sottotesto, la latente omosessualità di chi professa con troppa forza l'omofobia.
Tom, il protagonista di questo film (interpretato dallo stesso Dolan), è un giovane pubblicitario che arriva in piena campagna nel Quebec agricolo per il funerale del suo amato compagno e scopre che nessuno conosce il suo nome, la sua identità, né la natura della sua relazione con il defunto.
Insomma in questa sperduta località nessuno sa che il morto era gay. Tutti, si scoprirà, tranne purtroppo il fratello maggiore del morto Francis (Pierre-Yves Cardinal), omofobo alla potenza. Un ragazzo ben piantato e violento che, per proteggere la madre e l'onore della famiglia, impone a Tom di restare in casa, anche dopo il funerale, e questo solo per far contenta la sua vecchia mamma distrutta dal dolore.
Ma tra Tom e il fratello si instaura una strana e ambigua relazione che svilupperà in un sentimento molto vicino all'amore. ''Con i miei film precedenti volevo mostrare come la nozione di coppia possa cambiare passando dall'adolescenza alla vita adulta, e come si deteriori nel tempo. Messi insieme, i miei primi tre film formano una sorta di trilogia dell'amore impossibile. Ma quando ho acquisito i diritti della pièce di Michel Marc Bouchard, avevo un obiettivo preciso: tentare qualcosa di nuovo, un altro genere, un altro stile di scrittura'', aveva detto il regista al Lido.
E ancora Dolan: ''e' vero questo film si può definire un thriller psicologico, ma per quanto riguarda i miei modelli cinematografici non ne ho. Ho cominciato a vedere film a sedici anni e a diciotto ho cominciato a girare. Prendo spunto molto anche dai libri di fotografie. Quando vado a New York vado al negozio del Moma e ne faccio scorta''.
Dice, infine, l'attore Pierre-Yves Cardinal, fratello del morto: ''rappresento il lato oscuro del film. Mi sono chiesto da dove veniva a lui tanta rabbia. Credo soffrisse di solitudine, di mancanza di affetto, ma non ho mai pensato che fosse cattivo''

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