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Francofonia, appello di Sokurov a Europa

Francofonia, appello di Sokurov a Europa

In sala il film del Leone d'oro con Faust

ROMA, 16 dicembre 2015, 09:30

Francesco Gallo

ANSACheck

Cinema: Francofonia, l 'appello di Sokurov all 'Europa - RIPRODUZIONE RISERVATA

Cinema: Francofonia, l 'appello di Sokurov all 'Europa - RIPRODUZIONE RISERVATA
Cinema: Francofonia, l 'appello di Sokurov all 'Europa - RIPRODUZIONE RISERVATA

 Una cosa bizzarra. Il fatto che un film sull'identità europea, oggi più che mai compromessa, l'abbia fatto un russo come Alexander Sokurov con 'Francofonia', già in concorso al Festival di Venezia e ora in sala dal 17 dicembre con Academy Two. Un lavoro in cui racconta di questa identità ''ormai alla deriva'' a modo suo. Ovvero con poesia, ironia, soluzioni tecniche d'avanguardia e soprattutto con la visione dell'arte come salvezza anche di fronte all'atto più ingiusto: quello della guerra. E il tutto con al centro il Louvre, Parigi, come asse del mondo, museo che, tra l'altro, ha coprodotto il film. Il regista russo, già Leone d'oro a Venezia nel 2011, si confronta così con l'arte e con il suo valore scomodando tutti: Stalin, Tolstoj, Hitler e un buffo Napoleone, orgoglioso di aver riempito le sale del Louvre con le sue conquiste. Tra immagini d'epoca, dialoghi con il capitano di una nave in balia delle onde con container pieni di opere d'arte (simbolo di un destino che tutto può cambiare da un momento all'altro), il film racconta soprattutto la storia di due uomini eccezionali: il direttore del Louvre, Jacques Jaujard (Lois-Do de Lenquesaing), e l'ufficiale di occupazione nazista, il conte Franziskus Wolff-Metternich (Benjamin Utzerath) che, durante l'occupazione nazista del 1940, trovarono, da individui e non da soldati, un accordo per salvare quell'immane patrimonio contenuto nel museo. Tante le immagini di ritratti ripresi all'interno del Louvre ("Il ritratto racconta di noi, della nostra storia. Che sarebbe l'Europa senza l'arte del ritratto?"), mentre la voce fuori campo dello stesso regista dice: "Il museo e' la parte più stabile del mondo della cultura. Cosa saremmo senza musei?". In finale l'inno russo, stravolto da una lettura che ricorda quello americano fatto da Jimi Hendrix, quasi a firmare, senza dirlo, un disagio della sua stessa patria di provenienza. "La guerra e la storia non insegnano nulla, basti pensare alla Crimea e all'Ucraina. Le idee più belle e quelle più orribili - ha detto Sokurov al Lido - vengono dall'Europa che ormai è alla deriva. E questa civiltà ha accumulato errori su errori che hanno portato a una catastrofe morale, una vera tragedia". Dai politici poi, aggiunge il regista, "non arriva nessuna vera risposta, non le sanno dare o, forse, non le hanno mai sapute dare". "Nella prima parte della mia vita davo grande importanza alla forma più che al significato, ma ora contano per me più le individualità. La pittura - conclude Sokurov - ci permette di capire chi siamo noi europei. Guardare il viso degli altri e' importante per capire ciò che ci diversifica e ciò ci unisce. La cultura non si può mescolare, ma va approcciata nel modo più tenero possibile. Bisogna entrare nello sguardo dell'altro".

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