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Ritrovamento Laocoonte cambia la data

Ritrovamento Laocoonte cambia la data

Anticipata di quattro giorni secondo annotazioni giurista epoca

13 novembre 2016, 15:57

Nicoletta Castagni

ANSACheck

Vaticano: Gruppo del Laocoonte - RIPRODUZIONE RISERVATA

Vaticano: Gruppo del Laocoonte - RIPRODUZIONE RISERVATA
Vaticano: Gruppo del Laocoonte - RIPRODUZIONE RISERVATA

Solo di pochi giorni, ma la data del ritrovamento del famoso gruppo scultoreo del Laocoonte potrebbe cambiare. E' quanto emerge dallo studio di un incunabolo, recentemente restaurato, dove tra le dotte annotazioni dell'insigne giurista Angelo Recchia di Barbarano (1486-1558), ce n'è una che attribuisce il rinvenimento del capolavoro scavando in una vigna del Colle Oppio di Roma il 10 invece che il 14 gennaio del 1506. Lo studio è stato condotto dallo storico dell'arte Luca Calenne e da Alfredo Serangeli, direttore dell'Archivio Storico 'Innocenzo III' della diocesi di Velletri-Segni, in cui è stato ritrovato il prezioso volume, un esemplare di una edizione della 'Naturalis historia' di Plinio il Vecchio, stampata a Venezia nel 1491 dall'editore Tommaso de' Blavis per la cura dell'umanista Filippo Beroaldo. Dopo un laborioso intervento di restauro, reso necessario dal cattivo stato di conservazione del libro, si è proceduto a un esame meticoloso delle numerose postille a penna che incorniciavano il testo stampato. Grazie ad alcune note di possesso, si è quindi potuto accertare il nome del proprietario del libro, nonché autore di tutte le annotazioni, Angelo Recchia di Barbarano, importante giurista del tempo, a lungo al servizio delle magistrature capitoline e della Camera Apostolica e infine diventato cittadino onorario di Roma e (nel 1557) uno dei Conservatori dell'Università La Sapienza. Durante la sua carriera, è accertato che Angelo Recchia ebbe strette relazioni con numerosi esponenti dell'elite romana e a questo si deve l'attendibilità conferita dagli studiosi alle sue documentate postille. La data riportata dal giurista di Barbarano (cioè il quarto giorno prima delle idi di gennaio, vale a dire il 10 gennaio) non corrisponde infatti a quella ufficiale, considerata tale da 500 anni sulla base di una lettera del fiorentino Filippo Casavecchia, che stabiliva l'eccezionale ritrovamento quattro giorni dopo, cioè il 14 dello stesso mese. Ma del resto, sulla data e il luogo del ritrovamento non si ha documentazione precisa, soprattutto perché prevalgono notizie riportate nei loro dispacci da forestieri (come il Casavecchia) o da stranieri di passaggio. Il caso di Recchia è dunque diverso. La sua annotazione è infatti da ritenersi più attendibile delle altre per diversi motivi: era residente da tempo nell'Urbe, era un alto magistrato capitolino e intratteneva stretti rapporti con autorevoli membri della Corte Pontificia per gli importanti incarichi di governo che fu chiamato a ricoprire. Bisogna anche tener presente che proprio le magistrature capitoline tentarono inizialmente di acquisire il Laocoonte per unirlo agli altri marmi del Campidoglio, ma dovettero rinunciare all'ambizioso progetto per il perentorio intervento di Giulio II, che facendo pesare la sua autorità acquistò il gruppo scultoreo e lo espose nel cortile del Belvedere in Vaticano (un allestimento che è appunto considerato l'atto fondativo dei Musei Vaticani). Molto probabilmente, le fonti di informazione di Angelo Recchia sono state due. Il primo è da ricondurre all'architetto Antonio da Sangallo, nipote di Giuliano che, insieme a Michelangelo, riconobbe nell'opera, ancora in parte interrata sulle pendici dell'Esquilino, il capolavoro citato da Plinio il Vecchio. La seconda fonte è addirittura il padrone della 'vigna' in cui ebbe luogo l'eccezionale ritrovamento, ossia il romano Felice de Fredis, che dal 1509 fu al servizio della Camera Urbis, quindi in diretto contatto con le stesse magistrature capitoline presso cui, di lì a poco, avrebbe svolto la propria attività lo stesso Recchia.

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