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Al Quirinale per Guttuso e l'inquietudine della religione

Al Quirinale per Guttuso e l'inquietudine della religione

Nella Galleria di Alessandro VII in mostra i capolavori del maestro di Bagheria fino al 9 ottobre

ROMA, 10 settembre 2016, 16:06

di Nicoletta Castagni

ANSACheck

GUTTUSO. Inquietudine di un realismo - RIPRODUZIONE RISERVATA

GUTTUSO. Inquietudine di un realismo - RIPRODUZIONE RISERVATA
GUTTUSO. Inquietudine di un realismo - RIPRODUZIONE RISERVATA

ROMA - Dalla celeberrima 'Crocifissione' del 1941 all'altrettanto famosa tela dell''82 'Spes contra Spem', passando per il 'Legno della Croce', il 'Colosseo', l''Atelier' fino agli 'Studi per la Crocifissione', le opere di ispirazione religiosa realizzate da Renato Guttuso nella sua lunga carriera sono in mostra fino al 9 ottobre nella Galleria di Alessandro VII del Palazzo del Quirinale. Un percorso inedito, inaugurato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in grado di offrire una nuova prospettiva critica della produzione del maestro siciliano.

L'importante esposizione, intitolata 'Guttuso. Inquietudine di un realismo', è stata realizzata grazie al sostegno del ministero dei Beni culturali, dei Musei Vaticani, del Museo Guttuso di Bagheria, della Camera dei Deputati (main sponsor Bnl Gruppo Bnp Paribas), mentre la curatela è del presidente degli Archivi Guttuso, Fabio Carapezza Guttuso, e di Crispino Valenziano, Presidente della Accademia Teologica via pulchritudinis. "La mostra - ha detto Carapezza alla vernice per la stampa - ci guida in un'indagine su un'artista dalla forte fede comunista, che però non è stata sufficiente a dargli delle risposte".

Del resto quella di Guttuso è stata una ricerca spirituale iniziata presto, nella prima maturità, dal momento che forse la sua opera più discussa, considerata scandalosa, è la 'Crocifissione' del 1941, con cui si apre il percorso espositivo, e intorno alla quale girano tutte le altre. Quando venne presentata per la prima volta al Premio Bergamo nel 1942, si aprì un feroce dibattito con autorevoli ecclesiastici che, giudicandola blasfema, proibirono ai chierici di guardarla, pena la sospensione a divinis. Un ostracismo che addolorò per anni il maestro, che se da un lato capiva quanto il suo dipinto uscisse fuori dai canoni dell'iconografia tradizionale, dall'altro ne rivendicava la profonda religiosità, ovviamente negando che si trattasse di "un quadro empio".

Nel processo di avvicinamento tra Guttuso e le autorità ecclesiastiche, sempre più aperte all'arte moderna con il pontificato di Paolo VI, il pittore di Bagheria entrava quindi in contatto con studiosi e teologi come monsignor Valenziano, in particolare in relazione alla messa a punto di un'edizione dell'Evangelario, dove i brani della Messa dovevano essere interpretati da una ventina di maestri contemporanei.

"Ho presto capito che Renato Guttuso era un grande conoscitore della lettura tipologica della Liturgia", ha detto il curatore, di recente avvalorato in questa convinzione da un ritrovamento di Fabio Carapezza tra le carte del maestro di un testo biblico ottocentesco, ereditato dal padre, a sua volta molto vicino al pensiero protestante. Da qui la volontà di guardare all'intera opera di Guttuso alla luce di questa sensibilità, a lungo oscurata dall'impegno civile e dalle sue strenue battaglie. Tanto che il percorso espositivo, non cronologico, inizia appunto con i due capolavori dell'artista più intrisi di spirito religioso. Ecco la grande tela di 'Spes contra Spem', testamento esistenziale del pittore, che avrebbe dovuto intitolarsi 'Le tre età della vita'. La scena allegorica è infatti suddivisa in tre parti. A sinistra l'atelier di Guttuso, i suoi libri, i ritratti di amici e intellettuali, lui con la moglie Mimise davanti a una tela stratta e, appoggiato, un dipinto di Picasso del '13, a destra invece persone che parlano, discutono, mentre il centro è dominato da un nudo femminile di potente vitalità che spalanca la porta finestra su un paesaggio marino, facendo entrare la luce del giorno. Su suggerimento di Trombadori, ha spiegato Carapezza, Guttuso ha cambiato il titolo, che in realtà è un versetto della 'Lettera ai Romani' di San Paolo. Una decisione, ha aggiunto Valenziano, che trova una giustificazione della figura di bambina vestita di giallo che in primo piano attraversa la tela, e che supera la tartaruga quasi immobile sul pavimento. "E' la sintesi della vita, in cui, che si cammini o si corra, si spera contro ogni speranza". Al suo fianco la 'Crocifissione' rivela una volta di più l'incessante ricerca dell'artista, che guarda agli antichi maestri per ritrarre un dramma senza tempo ("per questo i personaggi sono nudi"), dove il volto di Cristo è seminascosto, perché Guttuso era convinto di non avere la fede sufficiente per vederlo in faccia.

   

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