Da Mario Schifano a Renato Mambor, da Tano Festa a Jannis Kounellis a Mario Ceroli, i protagonisti di una indimenticata stagione dell'arte italiana raccontano negli spazi del Macro di via Nizza, dal 13 luglio al 27 novembre, la rivoluzione della Pop Art nella Roma degli anni '60. Esposte circa 100 opere fra dipinti, sculture, fotografie, installazioni, film d'artista e documentari (recuperati grazie alla collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale), che mettono al centro la capitale, trasformata e rivissuta dall'immaginario visivo degli artisti della Scuola di piazza del Popolo e dei loro numerosi compagni di strada.
L'importante rassegna, che si intitola 'Roma Pop City, '60-'67', è stata curata da Claudio Crescentini, Costantino D'Orazio, Federica Pirani, che hanno potuto contare su un Comitato scientifico prestigioso tra cui figurano Achille Bonito Oliva, Lorenza Trucchi, Nanni Balestrini. Un'iniziativa quella del Macro capace di illustrare un momento cruciale, che vedeva Roma tornare a giocare un ruolo di di grande attrazione internazionale, non solo come l''Hollywood sul Tevere' che girava intorno a Cinecittà e alle strade della Dolce Vita immortalate da Fellini, ma anche quale laboratorio aperto per l'arte contemporanea mondiale.
I primi anni del decennio si configurano quindi come uno dei momenti più esaltanti per la città eterna, ricca com'era di stimoli intellettuali e sperimentazioni grazie all'intensa attività artistica e culturale di Franco Angeli, Nanni Balestrini, Gianfranco Baruchello, Umberto Bignardi, Mario Ceroli, Claudio Cintoli, Tano Festa, Giosetta Fioroni, Jannis Kounellis, Sergio Lombardo, Francesco Lo Savio, Renato Mambor, Gino Marotta, Titina Maselli, Fabio Mauri, Pino Pascali, Luca Maria Patella, Mimmo Rotella, Mario Schifano, Cesare Tacchi, Giuseppe Uncini. Questi infatti gli artisti in mostra, che all'epoca furono capaci di riappropriarsi di una città in veloce cambiamento trasformandola in arte. Un processo che, in mano loro, prende le mosse dall'ideazione di un immaginario visivo, dove appunto Roma, i suoi spazi, le componenti urbane, persino la segnaletica stradale, la pubblicità, i monumenti, nonché la natura e l'ambiente, diventano ispirazione per una diversa impostazione figurativa, iconica e non descrittiva, in grado di superare completamente i canoni commerciali e produttivi della Pop Art americana, segnando così nuovi confini, spazi e teorie. Da tale rinnovata realtà espressiva (a livello internazionale) è scaturito, con il superamento della pittura Informale degli anni '50, una visione fortemente attratta dal contesto urbano e dalle icone della società e del consumo di massa, che ha a sua volta determinato il recupero dell'immagine e della figurazione storica delle Avanguardie italiane del primo'900, Futurismo e Metafisica.
Del resto, sono proprio i nuovi miti, le esigenze del ceto urbano nell'epoca del boom economico, che in parte spingono questi artisti a interagire con la vita stessa della popolazione, anticipando con il Pop uno dei temi e degli slogan più utilizzati nell'arte della seconda metà del decennio con il recupero della pittura e della figurazione.
Una sorta quindi di preparazione al celeberrimo '68 (al quale il Macro dedicherà una ulteriore rassegna proprio in coincidenza dei 50 anni), che gli artisti in mostra sentono come l'anno simbolo della loro 'rivoluzione', anche visuale e strutturale, con l'inevitabile migrazione delle loro opere verso il teatro, l'azione, l'environment e l'ambiente. Ma che si era comunque maturata nel periodo precedente.
Infine, grazie alla collaborazione e al finanziamento con la 'Fondazione Paola Droghetti onlus - per una cultura della conservazione d'arte', in occasione della mostra del Macro sarà realizzato il restauro dell'opera di Mario Ceroli dal titolo 'Goldfinger' (1964), tra i pezzi storici della collezione del museo e appunto inserito nel percorso espositivo.
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