Una mostra incentrata sui 'pensieri'
che Alighiero Boetti fece ricamare fin dal 1971 dalle donne
afghane. E' 'Il filo del pensiero', dal 14/4 al 20/5
all'Accademia delle arti del disegno di Firenze, che raccoglie
'tele' ricamate e anche foto delle donne che le realizzarono su
progetto dell'artista, scattate da Randi Malkin Steinberger. La
mostra è dedicata all'artista fiorentino Andrea 'Bobo'
Marescalchi, scomparso mesi fa, ultimo assistente di Boetti.
La mostra intende lasciar affiorare i 'pensieri' che Boetti
faceva ricamare. Come afferma Agata Boetti, figlia dell'artista
e direttrice dell'Archivio Alighiero Boetti, "se si accetta di
allontanarsi dall'idea ormai tristemente stabilita che la
semplicità sia sinonimo di stupidità e la complessità
d'intelligenza, i ricami di Boetti sono semplici, da osservare,
da capire, da apprezzare e da amare: evidenti, universali,
assoluti, filosofici, poetici e bellissimi".
Il primo viaggio di Boetti a Kabul è del marzo del 1971, a
cui seguirono almeno due viaggi l'anno in Afghanistan fino al
1979. La collaborazione con le ricamatrici afghane proseguì a
distanza, seppur con grandi difficoltà, anche dopo l'invasione
sovietica del '79 e riprese solo alla metà degli anni '80 a
Peshawar, nei campi profughi afghani in Pakistan dove Boetti
predispose la ripresa della collaborazione con le ricamatrici
profughe dall'Afghanistan, dimostrando così, si spiega, il forte
legame ed il profondo rispetto che li legava, tanto che,
prosegue la figlia, "si assicurava regolarmente che le
condizioni di lavoro fossero ottimali e, soprattutto, che le
ricamatrici non fossero bambine. Era importantissimo per lui".
"Alla luce della storia degli ultimi decenni - commenta Cristina
Acidini, presidente dell'Accademia delle arti del disegno -
Boetti ci appare non solo come un grande artista, ma anche come
un intuitivo, autentico profeta, che oggi sarebbe forse un
ambasciatore di pace fra i popoli di questo tormentato pianeta".
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