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La leggenda di Parigi narrata da Brassai

La leggenda di Parigi narrata da Brassai

08 ottobre 2015, 12:47

Redazione ANSA

ANSACheck

Brassai - RIPRODUZIONE RISERVATA

Brassai - RIPRODUZIONE RISERVATA
Brassai - RIPRODUZIONE RISERVATA

BRASSAÏ POUR L’AMOUR DE PARIS

GENOVA, PALAZZO DUCALE

  Una dichiarazione d'amore. Questo è la mostra al Palazzo Ducale di Genova (fino al 24 gennaio) dedicata alla straordinaria storia della passione che per più di cinquant’anni ha legato Brassaï, scrittore, fotografo e cineasta, a ogni angolo della capitale ma anche a tutti gli intellettuali, artisti, grandi famiglie, prostitute e mascalzoni, in breve a tutti coloro che fanno la leggenda di Parigi. Poco prima di morire, rispondendo a un’intervista sulla sua percezione della capitale, Brassaï confessava di custodire nella memoria tre immagini di Parigi che si sovrapponevano nella sua testa: “quella dei primi dieci anni del Novecento – la Parigi di Marcel Proust –, quella della Parigi del 1924 – all’inizio del soggiorno che si rivelerà definitivo” –, e quella della Parigi eterna.

   Nato nel 1899 a Brașov in Transilvania, Gyula Halász, che prenderà il nome di Brassaï quando inizierà a scattare fotografie nel 1929, ha sempre considerato i suoi ricordi d’infanzia a Parigi come delle “petites madeleines” che lo legano a quel periodo d’incanto miracoloso che egli continuamente richiama negli “archivi della memoria”. Trascorre infatti un anno nella capitale e di quel periodo conserva il ricordo intenso delle passeggiate in avenue du Bois dove sfilano davanti ai suoi occhi carrozze, carrozzine, corse di cavalli e figure di cavalieri, che per tutta la vita gli faranno ricercare l’eleganza e la distinzione. E così, quando lascia il Bois de Boulogne per scendere lungo gli Champs Élysées, è per raggiungere i Grands Boulevards dove incontrerà qualcosa di giovane di poco più grande di lui: il “cinema” che si esibisce nelle vetrine dei grandi negozi. Brassaï, che non ha ancora iniziato la pratica della fotografia, rimane profondamente segnato da queste immagini mentali e, venti anni più tardi, con occhio infallibile ricerca ostinatamente le fotografie d’epoca dei primi del Novecento per comporre una straordinaria collezione sui luoghi e gli stili di vita tanto amati. Con questa raccolta di immagini accuratamente scelte, reperita negli archivi dell’artista, si apre la mostra che prosegue con le prime fotografie di Brassaï, la maggior parte delle quali scattate tra il 1930 e il 1933 e che ripropongono le stesse tematiche, ovvero i giardini pubblici, le vetrine lungo i Grands Boulevards che, non senza ironia, accostano pregiata lingerie e gli attacchini di manifesti arroccati sulla loro scala, davanti a passanti mezzi addormentati. Successivamente Brassaï sviluppa il suo inno all’eleganza, mettendo in risalto la purezza dell’architettura di place de la Concorde, il grafismo della Tour Eiffel o l’inventiva architettonica dei padiglioni dell’Exposition universelle del 1937. Torna così ai suoi ricordi d’infanzia nell’evocare le corse a Longchamp o i ricevimenti al Pavillon del la Grande Cascade o al Ritz: gli eroi di Marcel Proust non sono ancora spariti. Quando infine giunge a Parigi nel 1924, dopo gli studi d’arte a Berlino, Brassaï parla ungherese e tedesco, ma non è capace di esprimersi in francese, senza l’aiuto degli amici, Lajos Tihyani, i fratelli Korda e André Kertesz; è all’Hotel des Terrasses, dove si è sistemato, che farà la conoscenza di Desnos e Prèvert, i quali lo introdurranno nello scintillante ambiente degli artisti e degli intellettuali che faranno la fama degli Années Folles a Montparnasse.

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