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Warhol, prima volta in Europa per Ombre

Warhol, prima volta in Europa per Ombre

Maxi installazione a Museo arte moderna Parigi fino a febbraio

03 ottobre 2015, 20:22

Chiara Rancati

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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La monumentale serie 'Shadows', ombre, un'installazione con 102 serigrafie su tela in 17 colori realizzate da Andy Warhol tra il 1978 e il 1979, arriva per la prima volta al completo in Europa, ospitata dal Museo di arte moderna della città di Parigi (Mam) da questo primo weekend di ottobre fino al 7 febbraio 2016. L'opera, la cui lunghezza supera i 130 metri, è parte dell'ampia riflessione del genio americano della pop art sulla morte e la caducità della vita, diventata più intensa dopo il tentato omicidio di cui fu vittima, ad opera della militante femminista Valerie Solanas. Warhol parte da due foto di ombre proiettate sui muri, scattate nel celebre atelier in cui lavorava a New York, la Factory.

Le ingrandisce e le ripete decine di volte, in un nero molto pieno su colori tanto vividi e sgargianti da risultare quasi eccessivi. Il risultato è un'istallazione non convenzionale, quasi scioccante per l'occhio, una sfida ai codici gia trasgressivi del pop che lui stesso aveva contribuito a creare. Arte? “No – risponde Warhol a un critico, pochi giorni dopo la prima esposizione di 'Shadows' – alla presentazione c'era musica disco, quindi direi piuttosto un fondale da discoteca". Intorno a questa serie sorprendente e ancora poco nota al pubblico europeo, di proprietà della Dia art foundation di New York, il museo parigino ha costituito un'ampia mostra dedicata alla passione dell'artista americano per la serialità, che raccoglie oltre 200 opere.

Si ritrovano così insieme esemplari delle sue serie più celebri, dai fiori alla 'carta da parati con mucche', dalle sedie elettriche ai grandi ritratti del leader cinese Mao Tse Tung, oltre a due gruppi di autoritratti realizzati in momenti diversi della sua carriera, nel 1966-67 e nel 1981, pochi anni prima della sua morte. “Lodato e criticato in egual misura, Warhol non perse mai la sua capacità di spaesare l'osservatore, nonostante la permanente sovraesposizione mediatica di cui era oggetto – scrivono nella presentazione della mostra i curatori Sébastien Gokalp e Hervé Vanel – trascendendo la sua immagine superficiale di 're della pop art', reinventava continuamente la correlazione tra opera e spettatore. In una costante rottura dei codici, desiderava riconoscimento in quanto maestro dell'eccesso”.

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