(di Lorenzo Trombetta)
(ANSAmed) - BEIRUT, 09 GIU - Il coraggio delle drag queen in
Libano raccontato dal dietro le quinte dei locali notturni di
Beirut e e i pericoli affrontati da migranti clandestini visti
in prima persona da un reporter infiltratosi nelle reti di
trafficanti sono tra i temi scottanti affrontati da alcuni dei
vincitori dell'ultima edizione del premio giornalistico Samir
Kassir.
Intitolato alla memoria dell'intellettuale beirutino Samir
Kassir ucciso in un attentato nel 2005, i premi giornalistici
della 18ma edizione del concorso internazionale, finanziata
dall'Unione Europea, sono stati consegnati nei giorni scorsi a
Beirut dalla Fondazione Samir Kassir Eyes (SKeyes) fondata da
Giselle Khoury, vedova del defunto intellettuale, e diretta da
Sami Mehanna.
Durante la cerimonia, a cui ha partecipato Ralph Tarraf,
ambasciatore dell'Ue a Beirut, sono stati premiati la
giornalista siriana Inas Hakki per la categoria articoli di
opinione, il collega libanese Muhammad Chreyteh per la categoria
servizi audiovisivi, e il reporter egiziano Mahmud Sobki per la
categoria articoli investigativi.
Come ha sottolineato Mehanna, direttore di SKeyes, "a 18 anni
dall'assassinio di Samir Kassir ci sono 242 candidati al premio
che porta il suo nome... questo significa che un'intera
generazione di giovani giornalisti è ancora attratta dal suo
nome e dai valori che egli rappresentava", ha detto Mehanna
citato dal quotidiano beirutino L'Orient-Le Jour.
Oltre a tenere conto delle candidature incentrate sui temi
tradizionali del lavoro di Skeyes, ovvero il rispetto dei
diritti umani e la promozione del buon governo, la giuria del
premio si è mostrata particolarmente sensibile quest'anno al
tema dei diritti delle minoranze sessuali e delle questioni di
genere, oltre che della migrazione.
L'egiziano Mahmoud Sobky ha scelto di parlare di chi sceglie
di mettersi in un viaggio senza ritorno come clandestino: "ho
scelto questo argomento perché le vittime dei trafficanti non
sembra abbiano alcun diritto". Sobki, con una lunga esperienza
di reporter investigativo, si è infiltrato nei gruppi di
trafficanti in Medio Oriente per raccogliere le storie
raccontate nel suo servizio.
Dal canto suo il libanese Muhammad Chreyteh è autore di un
reportage sulle drag queen - artisti che si travestono da donne
- in Libano: "Nessuna legge li protegge e la loro arte è
vietata", ha dichiarato a margine della cerimonia di
premiazione. La parte più difficile del suo lavoro, ha detto, è
stata convincere le drag queen a parlare davanti alla
telecamera. "Sono molto coraggiosi perché affrontano molta
violenza in Libano", dice Chreyteh.
La siriana Inas Hakky ha invece scritto un articolo
d'opinione intitolato "Lettera a Jackie Chan" in cui racconta la
sofferenza generata dalle conseguenze della guerra, prendendo
spunto dal fatto che l'anno scorso Jackie Chan ha prodotto un
film girato in parte in uno dei sobborghi di Damasco devastato
dal conflitto armato in corso in Siria da più di 12 anni.
A Beirut alla cerimonia hanno preso parte anche i giornalisti
finalisti ma non vincitori. Tra loro c'erano gli egiziani Ahmad
Gamaleddin e Ahmad Ismail, autori di un toccante reportage tra
le corsie di ospedali psichiatrici del Cairo. (ANSAmed).
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