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I 100 anni di Zanzotto, la beltà della poesia

Libri

I 100 anni di Zanzotto, la beltà della poesia

Far versi come alta tensione esistenziale e del linguaggio

ROMA, 08 ottobre 2021, 14:31

di Paolo Petroni

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I 100 anni di Zanzotto, la belt� della poesia - RIPRODUZIONE RISERVATA

I 100 anni di Zanzotto, la belt� della poesia - RIPRODUZIONE RISERVATA
I 100 anni di Zanzotto, la belt� della poesia - RIPRODUZIONE RISERVATA

 Quando nel 1968 esce ''La beltà'', questa si rivela un punto alto della ricerca poetica del Novecento e di svolta nella poetica di Andrea Zanzotto, di cui quest'anno, il 10 ottobre, cadono i cento anni dalla nascita in quel giorno del 1921, e il 18 ottobre i dieci anni dalla morte nel 2011. La critica, i lettori avvertono subito che si tratta di uno dei risultati più prestigiosi del far versi del dopoguerra che, per coincidenza in un anno non casuale, mette in crisi e in discussione tutto, da quel mondo naturale, quella campagna veneta cui è legata la sua ispirazione allo stesso far poesia in modo intellegibile, e la mancanza di chiarezza rivela comunque una innegabile, grande tensione interna.
    Non capire quei versi ''probabilmente è la norma - scrive allora Giovanni Raboni, mettendosi per prudenza anche lui tra coloro che faticano a trovare un senso, ma per indicare poi ''la straordinaria compattezza e la natura davvero di libro, di 'romanzo''' della raccolta, la coerenza intima con i suoi idilli d'ascendenza ermetica precedenti, da ''Vocativo'' del 1957 a ''IX Ecogle'' del 1962, e ''la bellezza: la carica di tensione, violenza, precisione, luminosità annidata in ogni punto'', per concludere che si tratta ''di uno dei libri più belli di questi anni, uno di quei libri che fanno giustamente impazzire gli strumenti, ne esigono nuove tarature, chiedono, per essere fruiti, accurate dosi di pazienza, umiltà e follia: e peggio per noi se non ci riusciremo''.
    Basti questo per capire quale impegnativo e, allo stesso tempo, completamente rilassato atteggiamento sia necessario per affrontare Zanzotto, per perdersi catturati dal disegno determinato, unico e preciso, cogliendone la furia e l'ironia lacerante, senza perdere l'attenzione vigile per la poesia che c'è in questa inquietante poesia, autodafè nella poesia e della poesia. La verità è infatti nell'ambiguità, ovviamente ambigua essa stessa, nell'evidenziarsi della separazione inevitabile tra realtà e lingua, che pure scarnificata persiste vitale. E sempre Raboni annota che la critica estrema all'elegia e il suo linguaggio ''si convertono in creazione di una nuova elegia o in una nuova vitalità del linguaggio, criticato, violentato, oltraggiato''.
    Il dire ''infinitamente turbato'' di Zanzotto prosegue arricchendosi di nuovi percorsi nelle altre sue opere, in un magmatico confondersi di materiali linguistici che vanno dal latino al provenzale, da petrarchismi a icone della comunicazione d'oggi, senza dimenticare il dialetto veneto, da ''Pasque'' del 1973 a ''Fosfeni'' del 1983, da ''Idioma'' del 1986 a ''Sovrimpressioni'' del 2001, per ricordare alcuni titoli, per arrivare nel 2007 alla dissertazione ''Eterna riabilitazione da un trauma di cui si ignora la natura'', riflessione sui temi che hanno ispirato, provocato la sua scrittura in versi, dalla distruzione del paesaggio e il deterioramento della natura nel suo Veneto, che si lega quello del corpo e all'invecchiare. Esemplare in questo senso ''Il galateo in Bosco'' (premio Viareggio per la poesia nel 1978), amato Bosco con la sua storia secolare (sino alle battaglie del 1915-18), Bosco emblema di vita e oramai oggetto di una ottusa distruzione e sfruttamento (anche con ''ville per weekendisti''), negazione di un Galateo di convivenza dell'uomo con la natura, che si riflette nel rimorso del linguaggio, tra parola lirica e momenti di ironia narrativa, per arrivare a una esternazione e scoperta della fine, dell'estremo gelo umano e naturale.
    Zanzotto, nato a Pieve di Soligo (provincia di Treviso), luogo cui resterà sempre legato, si laurea nel 1942 con una tesi su Grazia Deledda, chiamato alle armi allo scoppio della guerra torna a casa l'8 settembre del '43 e si unisce alla resistenza.
    Dopo la liberazione, in cerca di lavoro si trasferisce per due anni in svizzera, quindi tornerà a casa e farà sempre l'insegnante. E' stato anche traduttore dal francese e autore di saggi critici raccolti in ''Fantasie di avvicinamento'' e ''Aure e disincanti del Novecento letterario''. In occasione del centenario è stato creato il sito www.andreazanzotto.it e a Pieve di Soligo si è organizzata un'estate di appuntamenti, letture, incontri, che si concluderanno ora, tra l'8 e il 10 ottobre, con l'anteprima del film ''Logos Zanzotto'' di Denis Brotto, l'inaugurazione del centro culturale nella Casa paterna del poeta e col convegno internazionale ''Zanzotto un secolo'', che fa seguito a quello di Ca' Foscari a Venezia a settembre su ''Interpretare Zanzotto''.
   

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