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Massimo Ranieri: "Charles Aznavour era il mio faro, da lui il dono di una canzone"

Massimo Ranieri: "Charles Aznavour era il mio faro, da lui il dono di una canzone"

"Un gigante. 'L'istrione' è il testo che ho sentito più mio"

ROMA, 01 ottobre 2018, 18:09

di Giorgiana Cristalli

ANSACheck

Massimo Ranieri - Charles Aznavour - RIPRODUZIONE RISERVATA

Massimo Ranieri - Charles Aznavour - RIPRODUZIONE RISERVATA
Massimo Ranieri - Charles Aznavour - RIPRODUZIONE RISERVATA

"Con Charles Aznavour se ne va l'ultimo grande vecchio, un papà, il più grande, non esiste un altro gigante così": lo dice Massimo Ranieri all'ANSA commentando la notizia della scomparsa, a 94 anni, di quello che è considerato l'ultimo chansonnier francese e un monumento della musica mondiale. E rivela di avere ricevuto un dono nell'ultimo incontro, un testo da musicare per farne una canzone, rimasto nel cassetto.
    "La notizia della sua morte mi ha destabilizzato. Non c'è più nessuno che ci guidi. E' sempre stato un faro per me", aggiunge Ranieri con amarezza mista a malinconia. "I giovani neanche conoscono la grandezza dell'arte di Aznavour, non hanno tempo, vivono attaccati a cellulari, iPad, social... Io - aggiunge - ci ho parlato, ho avuto Charles accanto, ho cantato con lui. Sono stato fortunato".

La canzone-manifesto 'L'istrione' lega in modo indissolubile Ranieri ad Aznavour. "In assoluto, la sento mia. Ho sempre guardato a lui come modello come chansonnier, mentre come cantante mi ispiravo a Sinatra e al grande nero, Ray Charles. Aznavour - ricorda Ranieri - era un talento, oltre che nella musica, anche al cinema, a teatro, come ballerino e scrittore. Mi sono sempre ispirato a lui. Tutti vorremo essere così, lui lo era veramente. 'L'istrione' fotografa in un attimo una straordinaria carriera". L'altra canzone del cuore, oltre a 'La Boheme', è 'Quel che si dice', "un capolavoro assoluto di circa 50 anni fa sull'omosessualità, in tempi in cui non era facile cantare di questo tema", osserva.

L'ultimo incontro risale ad almeno quattro anni fa, quando Ranieri si recò a casa di Aznavour ad Alpilles, nel sud della Francia. In quell'occasione l'artista italiano gli portò in dono un ulivo per il suo giardino. "Ne coltivava alcuni e produceva piccole quantità di buon olio e di buon vino - ricorda Ranieri - così pensai di portargli un piccolo albero". E non tornò a casa a mani vuote, visto che anche Aznavour gli fece un regalo, un suo testo da musicare. "Una canzone che parla d'amore - rivela Ranieri - sulla quale avevo lavorato, ma che non ho inciso. Sentirò la famiglia e il manager per capire cosa farne".

"Tutti noi che facciamo questo mestiere siamo da oggi più soli. Non abbiamo più nessuno che ci tenga per mano", aggiunge, con il piccolo rimpianto di non avere rivisto l'amico in questi ultimi anni. Impresa non semplicissima, visto che entrambi non hanno mai smesso di fare concerti in giro per il mondo. Nonostante l'età, Aznavour era in tour all'estero e si era esibito su un palcoscenico anche pochi giorni prima di morire, in Giappone, il 19 settembre scorso, ad Osaka. Avrebbe voluto cantare fino ai 100 anni e il prossimo concerto sarebbe stato il 26 ottobre a Bruxelles. Ha fatto fino all'ultimo quello che amava, cantare. "Rimane l'amaro in bocca. Mi dispiace non averlo potuto salutare anche se Charles è tra noi e rimarrà per sempre. Ora la Francia lo celebrerà come merita. Faranno certamente un Aznavour day, una giornata dedicata al loro gigante. Jacques Brel era belga, Charles Aznavour armeno, ma - conclude Ranieri - per i francesi erano due grandi figli loro".
   

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