Una 'Madama Butterfly' molto giapponese, che affonda le sue radici nella severa tradizione nipponica, a maggior ragione in rapporto alla rappresentazione della prima versione scritta da Puccini dove ancora più evidente era il contrasto con i modi di pensare e agire occidentali.
Questa la lettura dell'opera che il 7 dicembre inaugurerà la stagione scaligera 2016-2017, secondo i due massimi suoi interpreti: il maestro Riccardo Chailly e il regista Alvis Hermanis, che oggi hanno risposto alle domande dei giornalisti nella conferenza stampa aperta dal Sovrintendente Alexander Pereira, insieme alle principali voci protagoniste, quelle di Maria José Siri (Cio-Cio-San), Brian Hymel (Pinkerton), Carlos Alvarez (Sharpless).
"E' la prima inaugurazione con un'opera di Puccini dopo 33 anni - ricorda Chailly -, dopo la 'Turandot' del 1983. Dobbiamo tornare a sottolinearne il valore. E per me quest'anno è anche doveroso portare la prima versione di 'Madama Butterfly' scritta da Puccini, quella mai più rappresentata dopo la disastrosa serata del 16 febbraio 1904: una versione più aspra, più drammatica, più teatralmente eloquente".
L'opera torna agli originari due atti (il primo di un'ora e il secondo di circa un'ora e mezza) "che era nel 1904 - precisa il direttore - un cambiamento epocale rispetto ai tre consueti; due atti 'tutti d'un fiato', come voleva Puccini, scritti con concezione nuova in un dramma psicologicamente introspettivo. Il secondo atto in particolare, punta molto sulla passionalità emotiva. E' un teatro nuovo per allora. E la versione integrale originale acuisce ancora di più il peso drammaturgico dello spettacolo. Ma non ci sono grandi differenze rispetto alla Butterfly che il pubblico ha imparato ad amare. Certo, manca l'aria di Pinkerton 'Addio fiorito asil...', perché Puccini non l'aveva ancora composta, l'aggiunse alla versione in tre atti che tre mesi dopo la prima, ebbe successo a Brescia".
Il regista Hermanis vi ha visto "una storia molto giapponese, nel trauma di un matrimonio con un occidentale. Vedrete - spiega rivolto ai giornalisti e al pubblico - scene e costumi di una tradizione particolarmente ricca, immagini storiche di oltre un secolo fa, che ci riportano alla mostra in questi giorni a Palazzo Reale di Milano (Hokusai, Hiroshige, Utamaro)".
Ma, a parte fiori di pesco, ciliegi sbocciati, rose, farfalle, elegantissimi kimono in un ambiente tutto giapponese, la lettura dell'opera è quella di un dramma in cui si assiste al confronto esistenziale tra la brutalità della vita reale e la fragilità dell'essere umano: "Tutti noi - dice Hermanis - siamo in qualche modo soli, fragili, con debolezze. E quella che coinvolge Cio-Cio-San e Pinkerton è una storia universale".
L'emozione maggiore, il coinvolgimento personale, è della protagonista, Maria José Siri: "E' l'emozione di una ragazza innamorata che io stessa ho vissuto; emozione di un tradimento come l'ho vissuto io; emozioni di una donna che diventa madre, quale sono io. Non ho vissuto per fortuna altri problemi come Cio-Cio-San. Non ho avuto una famiglia che mi ha voltato le spalle e nessuno mi ha portato via mio figlio, ma mettersi nei panni di un personaggio così complesso ha fatto sì che io rivedessi tutta l'emotività che ho vissuto per poter trasmettere agli spettatori quello che capita in tre anni a questa bambina meravigliosa che è Cio-Cio-San".
E il 7 dicembre 2017, come ha confermato il Sovrintendente Pereira, sarà la volta di 'Andrea Chénier' di Umberto Giordano, sempre con la direzione di Riccardo Chailly.
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