La percezione del corpo che cambia, il modo in cui si pone nello spazio, l'evoluzione di un sentire profondo che si fa urgente e trova lo sbocco in un linguaggio espressivo nuovo: è il percorso creativo di Neda Shafiee, raccontato attraverso le sue opere più recenti, allestite da oggi al 26 febbraio a Palazzo Taverna, a Roma, negli spazi della Galleria Emmeotto. Esposti 40 lavori dell'artista iraniana, ma da tempo residente in Italia, che ha scelto per questa personale due installazioni-sculture, di grande suggestione, e i numerosi bozzetti preparatori, realizzati a china e caffè, una sorta di acquerello sui generis.
La mostra presenta una serie di lavori degli ultimi anni, tra cui molti inediti, e già con il titolo 'Neda Shafiee. I linguaggi del corpo' , dice l'artista, vuole ''offrire il filo conduttore'' per addentrarsi in una ricerca sottile e penetrante, incentrata sullo studio della figura umana, non tanto nelle forme, quanto nella relazione con il cambiamento e l'interazione. Una strada intrapresa di recente, una nuova fase della poetica della Shafiee, insofferente a etichette e scuole per vivere in piena libertà il suo afflato espressivo. Nata a Teheran, la Shafiee si trasferisce in Italia nel 2002, quando già da tre anni aveva conseguito la Laurea in Scultura alla Facoltà di Belle Arti dell'università della capitale iraniana, titolo bissato nel 2008 all'Accademia di Belle Arti di Roma. A oltre un decennio di attività, comincia quindi a dare segni di trasformazione solo con l'esperienza della maternità.
''Prima - racconta l'artista - le mie strutture erano ben definite, sottili, allungate, caratterizzate dalla presenza al posto del torace di un cubo, contenitore di misteri, di insondabili modalità di approccio alla vita. Durante la gravidanza, invece, ''ho cambiato la percezione del mio corpo e al tempo stesso del mio modo di fare scultura''.
Ecco che quelle figure isolate, quasi ieratiche, realizzate nel primo decennio del 2000 lasciano il posto a veri e propri ambienti, costituiti da diversi soggetti in relazione. ''Oggi non riesco più a creare sculture singole - spiega Neda Shafiee - devo per forza inserirle in una situazione ambientale, forse perché adesso, dopo la nascita di mio figlio, mi vedo in funzione in funzione del mondo, mentre da sola mi sento senza significato''. Il percorso esistenziale si concretizza così nelle due installazioni-sculture di cartapesta allestite a Palazzo Taverna e affiancate dai numerosi bozzetti preparatori. La scultura rappresentante la figura femminile, con il ventre gonfio come quello di una donna incinta è un contenitore che esprime fecondità del corpo e della mente, una pienezza metaforica, la gestazione di un qualcosa che sta prendendo vita o si sta trasformando, tradotto nella potenza creatrice che da sempre contraddistingue il corpo materno. L'installazione, però, è appesa in alto e ai suoi piedi, sul pavimento, ci sono i giocattoli del figlio tutti dipinti di nero. A simboleggiare forse ''il ciclo della vita, dalla nascita alla morte''.
L'opera Flusso 2 con la figura antropomorfa inserita in un cubo è, invece, circondata da elementi sospesi, che pervadono il corpo principale. Se il cubo, da sempre, forma geometrica simbolo di razionalità, rappresenta e delimita il lato oscuro e misterioso della dimensione interiore, il gruppo di elementi sospesi è la pioggia di fatti, situazioni, condizioni, è il flusso della vita. La figura geometrica che nella prima produzione della Shafiee era parte integrante dell'organismo, adesso si dilata e si dissolve in una specie di cornice che tutto abbraccia e comprende. ''L'uomo che prima stava isolato, preso solo da se stesso - conclude l'artista - ora cammina tranquillo in un cubo che non esiste più''.
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