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Nutrire l'Impero all'Ara Pacis

Nutrire l'Impero all'Ara Pacis

Anche inedito Tesoro di Moregine in reperti Pompei e antica Roma

ROMA, 05 luglio 2015, 13:35

Daniela Giammusso

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NUTRIRE L 'IMPERO - Insegna della Fenice, intonaco dipinto (P - RIPRODUZIONE RISERVATA

NUTRIRE L 'IMPERO - Insegna della Fenice, intonaco dipinto (P - RIPRODUZIONE RISERVATA
NUTRIRE L 'IMPERO - Insegna della Fenice, intonaco dipinto (P - RIPRODUZIONE RISERVATA

   Già Plinio, nel I secolo d.C, scriveva delle ostriche come del ''premio di ogni mensa'', da servire su un letto di neve così da unire la cima dei monti alla profondità del mare. Ciò che però non doveva mancare davvero mai in tavola era il pane, fatto con il grano trasportato via mare dall'Africa e dall'Egitto. E poi il miele greco e il Garum, la tipica salsa a base di aglio. Tante verdure ''a miglio zero'', olio d'oliva dall'Andalusia, buon vino campano ed ecco un menù che assomiglia ancora tanto a quella dieta mediterranea che ci invidia tutto il mondo.
    Così mangiavano due millenni fa gli antichi romani e così racconta la mostra ''Nutrire l'Impero. Storie di alimentazione da Roma e Pompei'', al Museo dell'Ara Pacis fino al 15 novembre nell'ambito della iniziative di ''Roma verso Expo'', tra ricostruzioni multimediali e rari reperti archeologici, anche da Pompei, Oplontis ed Ercolano.
    Un affresco sull'alimentazione nel mondo romano, che, racconta il Soprintendente capitolino ai beni culturali, Claudio Parisi Presicce, curatore della mostra insieme a Orietta Rossini, segue tre filoni, raccontando come dall'Africa o dall'Egitto potesse arrivare a Roma quell'enorme approvvigionamento di cibo necessario a sfamare, solo nella capitale, un milione di persone; e poi come tanto materiale venisse distribuito, dai porti di Pozzuoli e Centumcellae (l'attuale Civitavecchia), fino ai magazzini di Testaccio; e ancora come si consumassero i pasti durante la giornata, tra raffinati triclinia o più popolari popinae e thermopolia, gli antichi bar e tavole calde.
    Una ''globalizzazione dei consumi'' che passa anche dalla ricostruzione del porto di Traiano, con i risultati inediti dei recentissimi scavi ad Ostia; dal sarcofago dell'Annona e dalla cassaforte in bronzo della Villa B di Oplontis; o dal prezioso corredo in argento del Tesoro di Moregine, ritrovato negli anni '90 vicino al fiume Sarno durante i lavori per l'autostrada, appena rientrato dopo un prestito di 5 anni al Metropolitan di New York e mai esposto al pubblico in Italia. Destino comune anche agli affreschi della Casa del Bracciale d'oro o all'Efebo in bronzo forgiato a candelabro, che in mostra rivedono la luce dopo anni nei depositi di Pompei. Oltre a restauri e consolidamenti, racconta il soprintendente speciale del sito, Massimo Osanna, ''stiamo lavorando molto anche sul piano della fruizione perché i nostri reperti si possano vedere''. Proprio domani il Consiglio di Stato si pronuncerà sull'Antiquarium che dovrebbe restituire ''uno spazio espositivo fondamentale, magari per i calchi''. E si lavora al Museo del cibo all'interno dell'area, che dovrà ospitare anche i delicatissimi reperti organici restituiti dagli scavi. ''Sarei felice se riuscissimo a bandire e finire tutto entro il 2016 - dice Osanna - Intanto stiamo cercando un'altra sede per questa mostra, dopo Roma. E a fine luglio esporremo le pitture delle villa di Moregine nello spazio davanti alla Palestra Grande''.
    ''Con Nutrire l'Impero - aggiunge l'Assessore alla cultura del Comune di Roma, Giovanna Marinelli - si conclude il contributo di Roma all'Expo, dopo L'eleganza del cibo ai Mercati di Traiano e la mostra sull'E42, l'Esposizione che non si fece, che in tre mesi ha registrato 60 mila visitatori. L'Expo sta iniziando ad avere impatto anche sull'afflusso turistico a Roma, con un aumento progressivo che sta sfiorando il +6%''.
   

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