(di Francesca Pierleoni)
Non "un film su Nirvana o sul grunge,
ma sul viaggio interiore di Kurt Cobain attraverso la vita, su
una personalità complessa capace come poche di esprimersi così
profondamente attraverso varie forme d'arte". Così il regista
Brett Morgen ha concepito Cobain: Montage of heck, primo
documentario completamente autorizzato sul rocker morto suicida
a 27 anni il 5 aprile 1994 (produttrice esecutiva del film è la
figlia 22enne di Kurt, Frances Bean Cobain), che dopo il debutto
al Sundance e la presentazione a Berlino arriva nelle sale
italiane in uscita evento il 28 e 29 aprile con Universal.
Morgen costruisce il suo ritratto principalmente attingendo a
ore e ore di una sorta di autobiografia audio e video inedita
lasciata da Cobain, composta da filmini casalinghi
(dall'infanzia di Kurt alla sua vita con Courtney Love e la
figlia, nata nel 1992), 4000 pagine di diario, fra disegni (che
il regista presenta anche 'animati'), riflessioni, poesie e
oltre 200 ore di registrazioni, canzoni, provini e racconti in
prima persona di momenti della sua adolescenza (come il primo
tentativo di suicidio). A questi si uniscono foto, ricostruzioni
animate, immagini di concerti, passaggi delle sue interviste più
famose e le conversazioni con i genitori di Cobain, Don e Wendy,
la sorella Kim, la prima fidanzata, Tracy Marander, la vedova
Courtney, l'amico e compagno di band nei Nirvana Krist
Novoselic. "Il progetto mi è stato offerto otto anni fa da
Courtney - racconta Morgen all'ANSA -. Pensavo di iniziare
subito, ma è servito tempo per risolvere ogni problema di
diritti". Da parte di Courtney e Frances "non c'è stata nessuna
interferenza o veto, mi era stato garantito dall'inizio pieno
accesso al materiale e il director's cut. Raramente ho potuto
lavorare così liberamente".
Montage of heck (il titolo riprende quello di
un'audiocassetta registrata nel 1988 dal musicista) immerge
nella ricchezza, nel talento e nelle contraddizioni di Kurt. Dai
primi traumi, subiti durante l'infanzia ad Aberdeen, con i
genitori che dopo il divorzio se ne 'liberano' più volte a
vicenda, facendogli cambiare spesso casa, a un'adolescenza fra
isolamento e ribellione; gli inizi con la musica e le prime
esperienze con l'eroina; l'arrivo del grande successo per i
Nirvana, vissuto con straniamento e senso di colpa, l'amore con
Courtney Love, il difficile rapporto con i media, la caduta
sempre più completa nella droga e la depressione dell'ultimo
periodo.
"Quando ho potuto visionare tutto il suo materiale mi sono
sentito come nel finale dei Soliti sospetti, quando tutti i
pezzi del puzzle trovano posto - dice il regista -. Ascoltando
decine di volte alcuni nastri, ho avuto come un'epifania, ho
capito che la cosa che Kurt temeva di più fosse essere umiliato
e ridicolizzato. Si sente così quando i genitori divorziano,
quando viene preso in giro dai compagni, quando i media lo
criticano. Me l'hanno confermato Krist Novoselic, Courtney Love
e anche nei testi delle sue canzoni è un tema che torna
costantemente. Pur non essendo questo un film sul perché Kurt si
sia suicidato, alla fine è naturale tirare qualche conclusione".
Inizialmente, "volevo fare un film senza testimonianze esterne,
ma mi sono reso conto di come, soprattutto per raccontarlo nel
periodo del successo, mi servissero anche altre voci, perché
nelle interviste raramente si apriva - spiega -. Così ho pensato
a tre quattro personaggi fondamentali".
Non c'è l'altro grande amico e componente storico dei
Nirvana, Dave Grohl, oggi leader dei Foo Fighters: "Quando l'ho
contattato non poteva, perché stata registrando il suo nuovo
album. Poi, mentre stavo finendo il montaggio, mi ha chiamato
per dirmi che era disponibile. Ho fatto una lunga intervista con
lui, ma non sono riuscito a trovare l'equilibrio giusto per
inserirlo".
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