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Piero Pelù, la ribellione non è eroismo ma necessità

Piero Pelù, la ribellione non è eroismo ma necessità

In libreria l'autobiografia "Identikit di un ribelle"

ROMA, 16 aprile 2014, 16:18

Claudia Fascia

ANSACheck

La copertina del libro Identikit di un ribelle - RIPRODUZIONE RISERVATA

La copertina del libro Identikit di un ribelle - RIPRODUZIONE RISERVATA
La copertina del libro Identikit di un ribelle - RIPRODUZIONE RISERVATA

"Non ci avrei scommesso un centesimo sui miei cinquanta. Sui trenta forse, ma cinquanta neanche a pensarci". Inizia così il "Identikit di un ribelle" (Rizzoli), l'autobiografia di Piero Pelù scritta a quattro mani con Massimo Cotto, in libreria da oggi.
    "Se ho scritto questo libro - racconta il rocker fiorentino all'ANSA - è colpa di Massimo, è stato lui a tirarmi fuori le prime cose. Poi c'è stato l'effetto domino e alla fine abbiamo dato alle stampe più di 340 pagine. All'inizio non ero dell'idea di fare una nuova biografia dopo quella uscita nel 2000. Però poi a pensare a questi ultimi 14 anni di vita privata e professionale, gli argomenti c'erano tutti e così ho accettato". Il racconto corre lungo tutta la sua vita, che per gran parte è stata ed è ancora segnata dalla musica, con un unico filo conduttore: la voglia di ribellione, che nel piccolo Piero ha iniziato a manifestarsi già in tenera età, quando andava contro la mamma o le suore dell'asilo che hanno scatenato in lui un forte anticlericalismo - Suor Cristina di The Voice, dove è giudice, a parte -, "marchiandolo" a fuoco. "La ribellione non è un gesto eroico, ma necessario. E lo è tanto più in un periodo storico come questo", spiega Pelù che non si è mai tirato indietro davanti alle ingiustizie o alla corruzione.
    "Qualcuno storcerà il naso anche per questo libro, tanto qualunque cosa faccio c'è sempre qualcuno a cui non piace. Ma non è che per me sia un problema non piacere a tutti e non pretendo neanche di essere un incompreso. Esistono tanti tipi di Italia. Io faccio parte di quell'Italia che non si arrende. Anche se faccio il rocker, anche se sono un casinaro e mi piace far festa". Del resto si definisce un Peter Punk, "uno che quando deve dire qualcosa non le manda a dire. Non ho mai avuto "pelù" sulla lingua", ironizza. Anche quando, ad esempio si è trattato di Matteo Renzi, sindaco uscente della sua Firenze e attuale presidente del Consiglio, con il quale spesso di è trovato in aperto contrasto.
    Il leader dei Litfiba, che è anche in tour per l'Italia, si racconta a ruota libera, esorcizzando le sue paure e confidando i suoi timori. Primo fra tutti quello delle droghe pesanti. "E' stato un incubo degli anni '70, poi dei '90 e oggi è tornato ancora - dice ancora -. Si presenta ogni volta che c'è aria di incazzatura in giro. Non sarà certo un caso. E da dove arriva tutta questa eroina? Dall'Afghanistan, dove noi spendiamo milioni in una pseudo missione di pace. Se li avessimo spesi per i vari terremoti che abbiamo avuto, avremmo ricostruito cento L'Aquila. Ma noi siamo campione mondiali nello sputtanare il nostro Patrimonio. La cultura, la storia danno fastidio. Ed è il risultato di 25 anni di berlusconismo. Lo spread con l'Europa non è sui titoli di Stato, ma sulla cultura", attacca senza risparmiare nessuno.
    E se non pensava di arrivare ai 50, ora che i 50 li ha raggiunti e superati, qual è il traguardo che non taglierà mai? "Quello della tranquillità, non ci arriverò mai".  

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