Il manifesto elettorale del Labour
di Jeremy Corbyn - fra i più radicali da decenni con la promessa
d'interventi pubblici in favore della sanità e del welfare in
generale, di alcune nazionalizzazioni e d'una maggior tassazione
per le multinazionali - conquista il centro della scena nel
dibattito politico sulle elezioni britanniche del 12 dicembre. E
domina oggi le prime pagine nel Regno.
Fra i media mainstream, e sui tabloid di destra, la reazione
è furibonda. Il Times di Rupert Murdoch lo liquida come un libro
dei "sogni" stimandone i costi nel corso degli anni a 83
miliardi di sterline di spesa pubblica. Mentre il Mail e altri
trasformano tutti gli 83 miliardi in "tasse", denunciando un
programma "marxista" e una "rapina" sui contribuenti. Scettico
pure il paludato Financial Times, organo della City e del
business, che da voce al timori di manager di grandi corporation
i quali citano lo spettro di un ritorno ai grigi "anni '70".
Il progressista Guardian si limita da parte sua a un titolo
fattuale, indicando la ricetta di Corbyn come "radicale", mentre
solo il Mirror ne dà apertamente una valutazione positiva: é
"dalla vostra parte", dalla parte della gente comune, sentenzia,
dopo "le devastazioni di 10 anni di politiche Tory d'austerity".
Alcuni commentatori invitano del resto a non sottovalutare la
capacità di attrazione di una svolta senza compromessi come
quella evocata da Corbyn. Una svolta che andrebbe "al cuore" di
molte diseguaglianze strutturali del sistema britannico, scrive
ad esempio Polly Toynbee. E che - fa eco Politico - potrebbe
essere un game changer "nella campagna elettorale, contenendo
"proposte politiche genuinamente popolari in grado di rilanciare
la performance del partito" laburista nella caccia al consenso.
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