All'origine ci fu l'amore.
Vincenzo Ragusa e O'Tama Kiyohara si incontrarono negli anni
Ottanta dell'Ottocento in Giappone. Ragusa era un affermato
scultore siciliano, O'Tama muoveva i primi passi nell'arte
nipponica come pittrice raffinata. Cominciò così un sodalizio
umano e artistico che dal Giappone si trasferì in Sicilia con
una contaminazione di stili, di tecniche e di colori.
"Migrazione di stili" è infatti il titolo della mostra delle
opere di O'Tama, in parte conosciute e in parte recuperate e
restaurate, promossa dalla Fondazione Federico II in un percorso
espositivo rinnovato a Palazzo Reale. Dal 7 dicembre al 6 aprile
2020 sono in mostra 80 opere tra manufatti, cartoni e tessuti
tra cui alcune pregiate carte similpelle (kinkava-gami) e 46
acquerelli di grande delicatezza cromatica.
Sono opere che O'Tama realizzò dopo il trasferimento a
Palermo, dove visse per 51 anni, e il matrimonio con Ragusa che
aveva realizzato in casa con i pezzi importati dal Giappone un
museo orientale, progetto dal quale è poi nato il liceo
artistico.
A Palermo O'Tama, che tanto amava la Sicilia, fu protagonista
di una testimonianza nella quale miscelò l'arte sognante del suo
paese con la cultura europea: una miscellanea che dal grafismo
sintetico va verso il naturalismo e il realismo. Le opere
rappresentano un ideale ponte artistico tra l'Oriente e
l'Occidente, un incontro di culture diverse. Per questo la
presenza di O'Tama proiettò Palermo in uno scenario europeo e la
fece diventare il cuore del fenomeno internazionale chiamato
"giapponismo", nel quale aveva una parte anche la moda degli
oggetti esotici da esporre.
"O'Tama - dice il direttore generale della Fondazione
Federico II, Patrizia Monterosso - riuscì a rompere gli schemi e
aprì la via all'innovazione. L'artista ebbe il coraggio e la
caparbietà di integrarsi in un mondo nuovo con differenti
tradizioni culturali e di promuovere una nuova arte in qualche
modo antesignana dei nuovi canoni del liberty".
Per il presidente dell'Ars e della Fondazione Federico II
Gianfranco Miccichè "O'Tama entra a Palazzo Reale perchè le sia
restituita il favore artistico che merita e per cancellare le
ostilità che avevano impedito a Palermo di diventare un polo del
giapponismo".
"La sua - aggiunge la curatrice Maria Antonietta Spadaro - è
una pittura fuori dal tempo, eclettica e variabile, che segue
canoni originali".
O'Tama ritornò in Giappone dopo la morte di Ragusa. E quando
si spense, nel 1939, volle che le sue ceneri fossero divise tra
il Tempio di famiglia, in Giappone, e la tomba del marito nel
cimitero palermitano dei Rotoli.
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