Il 15 giugno scorso ha fatto
arrestare dai carabinieri l'uomo a cui si era rivolto per avere
un prestito e che poi gli avrebbe chiesto interessi usurai e
minacciato. Alessio Nicola Pitti da quel giorno non riesce a
lavorare ad Altofonte (Palermo). "Qui non posso vivere -
racconta - mi dicono che sono 'sbirro' perché mi sono rivolto
agli inquirenti e che non merito di vivere in paese".
Intanto per il commerciante Roberto Bruno e per una donna,
Maria Concetta Marrone, i pm hanno ottenuto dal gip il giudizio
immediato. Bruno deve rispondere di usura aggravata dal metodo
mafioso: avrebbe detto alla vittima di agire per conto di
Salvino Raccuglia, fratello di Domenico, boss di Altofonte. "La
mia disavventura è iniziata quando ho dovuto donare parte del
mio fegato a mia sorella - racconta Pitti - Per mesi non ho
potuto lavorare. Mio padre che mi dava una mano in quel periodo
si è ammalato ed è morto, mia moglie mi ha lasciato. Così ho
chiesto soldi a Bruno. Adesso chiedo aiuto. Ho bisogno di
lavorare".
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