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Immigrazione: Msf, così aiutiamo chi fugge dalla guerra

Immigrazione: Msf, così aiutiamo chi fugge dalla guerra

Presentata a Palermo campagna #Milionidipassi.L'impegno in Siria

PALERMO, 09 aprile 2015, 18:08

Redazione ANSA

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. - RIPRODUZIONE RISERVATA

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"Quest'anno il numero di richiedenti asilo in Italia è stato di 67mila, contro una media finora attestata intorno ai 7, massimo 14mila l'anno, perché le persone non volevano fermarsi in Italia e noi offriamo pochissimo ai rifugiati. Ma anche l'Europa ha fatto pochissimo.
    Trovo vergognoso che un paese del G8 non trovi le risorse per garantire standard minimi di accoglienza e condizioni di vita dignitose a chi scappa da un conflitto". Lo ha detto Loris De Filippi, presidente di Medici senza frontiere Italia, che oggi ha presentato all'università di Palermo la campagna di Msf Italia #Milionidipassi a sostegno dei rifugiati. Imparzialità, neutralità, indipendenza, sostegno alle popolazioni più vulnerabili sono le cifra di un'autonomia difesa "a costo di apparire spesso antipatici - spiega De Filippi - ma quando interveniamo la prima cosa che ci chiedono le parti in causa è quali governi ci aiutano. In Italia abbiamo raccolto 50 milioni di euro e nemmeno un centesimo proviene dal nostro governo; questo per noi è fondamentale perché i governi del G8 hanno un ruolo molto importante anche sulle situazioni che precedono un conflitto. Raccogliamo alcuni fondi istituzionali che rappresentano il 7% di quanto totalizziamo a livello mondiale e utilizziamo questi fondi prevalentemente per interventi dovuti a catastrofi naturali". Ma i rischi sono sempre in aumento: "La sicurezza degli operatori umanitari è crollata in modo catastrofico - spiega De Filippi - a fronte di un incidente in Somalia nel 1997 a un nostro collega, solamente nell'arco di tempo che va dal 2004 al 2008, abbiamo registrato nove vittime tra operatori Msf, e questo non solo nei contesti in cui l'Islam fondamentalista è presente; solo lo scorso anno, ad esempio, nella Repubblica centro africana abbiamo avuto 150 incidenti di sicurezza".
    Il presidente di Msf Italia racconta anche le difficoltà dell'intervento in Siria: "Per negoziare il nostro accesso nella parte a nord del Paese, è stato necessario parlare con sei gruppi fondamentalisti islamici diversi, tra cui Isis e Al Quaeda in Iraq, anche se avere un mandato sanitario è il miglior passaporto per lavorare in zone in cui esistono i fondamentalismi musulmani. Prestiamo comunque un'attenzione notevole per evitare anche la possibilità di infiltrazione di spie o cambiamenti nelle dinamiche che comportino dei rischi anche per le organizzazioni non governative". Rischi che hanno fatto pagare a Msf un prezzo molto alto: "nel gennaio 2014 sono stati rapiti cinque nostri operatori in Siria - racconta De Filippi - che sono stati rilasciati dopo 4 mesi di trattative molto difficili che ci hanno obbligato a interrompere le nostre operazioni di soccorso. In questo momento in Siria forniamo a più di 100 strutture il materiale per poter andare avanti e siamo presenti con una parte del personale del luogo, ma abbiamo deciso il rientro di tutti i nostri operatori internazionali.
    L'Isis, che controlla quell'area, è particolarmente ostile a qualsiasi forma di presenza occidentale". Secondo Msf oggi, con circa 200 mila persone decedute, 7,6 milioni di persone sfollate all'interno del Paese e 3,2 milioni di rifugiati registrati al di fuori dei confini, la Siria è uno dei più gravi disastri umanitari al mondo. Oltre alla difficoltà di entrare in un territorio altamente militarizzato, Msf in Siria ha dovuto operare in un territorio in cui le strutture sanitarie sono diventate un bersaglio privilegiato. All'interno di una grotta in Siria in soli 15 giorni nell' ottobre 2012 Msf ha salvato la vita a 46 persone con interventi di chirurgia generale grave.
    Situazioni di emergenza che hanno costretto ad esempio un medico belga 67enne di Msf ad operare per 36 ore di seguito, senza per questo trascurare i numerosi fabbisogni dovuti alle tante nascite in una zona grande e altamente popolosa, con poco più di sei operatori sanitari e una trentina di ausiliari.
   

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